Project Description

Residenziale A

La Cittadella venne creata da Gian Galeazzo Visconti subito dopo la conquista di Verona nell’ottobre 1387. Comprendeva l’area delimitata dal tratto della cinta comunale tra i Portoni della Bra e l’Adige, dal corso del fiume fino al bastione San Francesco, dalle mura di Cangrande fino all’altezza della Porta Nuova e dalla muraglia da Porta Nuova ai Portoni della Bra.
Anche i Veneziani si servirono della Cittadella per motivi militari fino al terzo decennio del Cinquecento. Divenuta strategicamente inutile, l’area venne poi ricondotta a uso civile: nel 1535 il doge affidò a Michele Sanmicheli, soprintendente alla fabbrica delle mura, il compito di demolire la Cittadella e di lottizzare il terreno. Sanmicheli fece demolire la muraglia occidentale, riaprendo così l’area alla città.
Fino al Settecento l’area era occupata prevalentemente da terreni ad uso agricolo, intervallati da poche abitazioni private, situate prevalentemente presso l’Adigetto, nei dintorni di Piazza Cittadella e lungo la via d’accesso al centro della città.
Nell’Ottocento e, soprattutto, nel Novecento nella Cittadella vennero costruiti molti nuovi edifici. Durante il ventennio fascista si spinse per il trasferimento del centro della città da Piazza Vittorio Emanuele (oggi Piazza Bra) a Piazza Cittadella. Negli anni Trenta la discussione attorno al PRG (Piano Regolatore Generale) e gli interventi di vari architetti, come Paolo Rossi de Paoli (costruttore in Cittadella di Palazzo INA) ed Ettore Fagiuoli (progettista nel quartiere della sopraelevazione di Casa Bragantini) indussero a una valorizzazione della Cittadella sul mercato immobiliare e alla conseguente urbanizzazione di vaste aree del quartiere. Un esempio eclatante di ciò è la costruzione di un nuovo quartiere residenziale nell’area fino a quel momento disabitata degli Orti Gazzola.
La Cittadella venne pesantemente danneggiata durante la Seconda Guerra Mondiale, dunque dopo il conflitto venne qui messo in atto un importante intervento di ricostruzione. Da allora l’area è sempre rimasta fortemente abitata fino ai giorni nostri.

1 – Palazzo INA

Indirizzo: Corso porta nuova,  11

Anno costruzione: 1938

Progettista: Arch. Paolo Rossi De Paoli

Descrizione storica: Tra il settembre 1943 e l’aprile 1945, periodo dell’occupazione tedesca in Italia, Verona divenne luogo dell’amministrazione militare tedesca per l’intera Italia occupata e il centro operativo della Gestapo italiana. La sede del comandante della Polizia di Sicurezza e del Servizio di Sicurezza delle SS si trovava all’interno del Palazzo dell’INA.
Un servizio segreto delle SS, incaricato di individuare reali o potenziali nemici del nazismo, con obiettivo , di neutralizzare questi oppositori. In quel biennio l’esercito e la polizia nazista si macchiano di crimini efferati contro l’umanità quali stragi civili, rastrellamenti e deportazioni di avversari politici ed ebrei.
I piani superiori dell’edificio ospitano vari comandi e uffici, mentre il piano seminterrato, ovvero le attuali cantine, è stato trasformato in una prigione dove venivano isolati i reclusi in attesa di giudizio. Sebbene non fosse molto grande, era comunque considerato un temuto centro di interrogatori e tortura.
Al primo piano sotterraneo ormai ogni traccia e’ andata persa nel tempo da vari lavori di sistemazione, mentre al secondo piano sono ancora visibili alcuni segni del passato. Alcune cantine hanno ancora porte originali recanti scritte in tedesco. Si possono osservare le stanze adibite alla centrale telefonica e agli “ospiti italiani”. In uno dei vani non contrassegnati da alcuna scritta si trova il passaggio d’ingresso al bunker antiaereo, situato proprio sotto Piazza Cittadella, la porta in legno e’ quella originale.
Nel dicembre 1943 fu presa a Berlino la decisione di istituire ed organizzare la persecuzione sistematica e la deportazione degli ebrei. A Verona, questa sentenza è stata centralizzata nel Palazzo dell’INA. A partire dal loro arresto e internamento nelle carceri, e concludendo con la loro deportazione nei campi di concentramento e sterminio, Verona fu il fulcro di migliaia di deportati, il punto di passaggio obbligatorio per i convogli verso i campi di concentramento.

Descrizione architettonica: Si riconoscono le caratteristiche tipiche dell’architettura di epoca fascista in cui il richiamo all’antichità romana e negli edifici classici si riflette nelle forme pulite e razionali. L’edificio infatti è caratterizzato prevalentemente da da linee rette che si configurano nella semplicità dell’impianto e nell’ordine di degli elementi regolari disposti in facciata.
Il palazzo a pianta rettangolare presenta un cortile interno, il cui accesso è possibile tramite un arco a tutto sesto. Si sviluppa per cinque piani nel corpo centrale e sette per il corpo addossato. Presenta un diverso utilizzo di materiale, piani in laterizio e altri ad intonaco, mentre la tramatura zebrata, con l’alternanza di materiale rosso e color ocra rievoca i tipici paramenti murari degli edifici del romanico veronese.

Autori: Istituto Einaudi. 

2 – Palazzo FRO

Indirizzo: Piazza Cittadella, 6

Anno costruzione: 1935

Progettista: Arch. Francesco Banterle

Descrizione storica: La spinta che aveva caratterizzato in modo frenetico l’attività dell’Amministrazione pubblica fascista per tutto il decennio dal 1922 al 1932 sembra negli anni successivi progressivamente rallentare fino quasi a spegnersi, ciò almeno per quanto attiene agli interventi di opere pubbliche non infrastrutturali sul tessuto urbano del centro storico e ai grandi sventramenti. Rossi De Paoli (progettista, tra gli altri, del vicino Palazzo INA) nel 1937 propose un vasto programma di alberature dislocate lungo una nuova rete di strade che, articolandosi intorno a Corso Porta Nuova si ramifica da un lato verso Cittadella e l’altro verso Val Verde. In realtà si tratta di un’operazione finalizzata a incrementare il mercato immobiliare delle aree accessibili dalle nuove arterie. Un aspetto rilevante della proposta riguarda proprio Piazza Cittadella, per la quale furono previsti cospicui sventramenti finalizzati a ridisegnare lo spazio fino a regolarizzarlo in una forma rettangolare, e dotarlo di alberature. Palazzo FRO (Fabbriche Riunite Ossigeno) fu realizzato da Francesco Banterle tra il 1935 e il 1937 e costituisce un segmento del progetto di rettificazione della piazza auspicato da Rossi De Paoli in quegli anni. Inoltre nel 1940 venne bandito un concorso nazionale per il progetto della nuova Casa Littoria da realizzare in Cittadella, sempre nell’obbiettivo di trasformare quest’area in nuovo centro amministrativo.
Il nucleo originario della FRO trae origine dalla S.A. Ferrarese Ossigeno costituita a Ferrara nel 1924. L’ossigeno trovava all’epoca crescente utilizzazione nei processi di saldatura. Un relativamente basso costo di produzione, e buone possibilità di smercio, avevano indotto i più diversi operatori economici a entrare in questo settore, che prometteva una buona redditività dell’investimento. Tra i promotori dell’impianto realizzato a Ferrara, si ritrovavano nomi autorevoli della borghesia ferrarese ma, soprattutto, veronese tra cui i fratelli Galtarossa.
All’inizio degli anni Trenta i siti produttivi erano già quattro: oltre a quello di Ferrara, erano stati realizzati impianti anche a Brescia, Rimini, e Verona.
Per contrastare la concorrenza, bisognava perciò che l’azienda ferrarese incrementasse il proprio raggio d’azione. Uno dei modi per farlo fu la fusione nel 1925 con una società concorrente, la S.A. Fabbriche Riunite Ossigeno (FRO), con sede proprio a Verona nell’attuale Palazzo FRO.
La FRO a Verona nasce proprio all’interno della azienda Galtarossa e avrà stabilimenti presso lo Stradone Santa Lucia e in Z.A.I.

Descrizione architettonica: Palazzo FRO è un edificio di quattro piani costruito lungo Piazza Cittadella. Originariamente, e almeno fino agli anni ‘50, l’edificio era in realtà a tre piani, ma è stato innalzato. Molto particolare è l’angolo stondato in corrispondenza dell’immissione di Vicolo Volto Cittadella nella piazza. Al piano terra si trova un ingresso principale ad arco a tutto sesto fiancheggiato da due aperture più piccole anch’esse ad arco a tutto sesto. La casa ha una forma irregolare, simile da una L, con il lato lungo affacciato sulla piazza. Le finestre della facciata principale sono di forma quadrata. La finestra del primo piano in corrispondenza dell’ingresso principale è sormontata da una decorazione semicircolare che forma un arco a tutto sesto con la cornice della finestra. La divisione in piani è evidenziata da dei marcapiani su cui poggiano le finestre di secondo e terzo piano. Le finestre del primo piano si trovano più in alto rispetto ai marcapiani ma sono collegate tra loro da un ulteriore cordolo. Il piano sopraelevato presenta delle aperture diverse da quelle originali.
La facciata lungo Vicolo Volto Cittadella è caratterizzata da tre archi a tutto sesto, chiusi da cancelli, che collegano lato lungo e corto della L. Sono fiancheggiati da due aperture rettangolari e una finestra quadrata a destra. Al primo piano ci sono due finestre ad arco a tutto sesto e una quadrata, mentre le finestre degli altri piani sono rettangolari o quadrate. Al primo piano nell’angolo della L si può osservare un balcone con parapetto metallico, mentre nei piani superiori il parapetto è in muratura. La facciata del lato corto della L presenta al piano terra due portefinestre rettangolari ai lati e due finestre quadrate al centro. Le finestre dei piani superiori sono quadrate, le due centrali del primo piano sono sormontate dal semicerchio con la decorazione metallica presente anche nella facciata principale. Il tetto, piuttosto sporgente, nella parte inferiore è in legno.

Autore: Istituto Maffei.

3 – Villa Bresavola de Massa

Indirizzo: Piazza Cittadella, 3

Anno costruzione: Tra il 1814 e il 1820 (su preesistenze più antiche)

Progettista: Sconosciuto (attribuzioni ad Adriano Cristofoli e Luigi Trezza)

Descrizione storica: La Villa fu costruita sul luogo dove sorgeva il complesso del convento dell’ordine dei frati umiliati, che comprendeva una chiesa, un monastero, scuderie e un edificio adibito ad attività artigianali. Nel 1591 la chiesa e il convento furono affidati ai Padri Teatini fino alla loro cacciata nel 1773 da parte della Serenissima. Nello stesso anno il Fisco veneto vendette lo stabile a Gio Batta Rossi, che ne fece la sua tintoria fino al 1780. Nel 1787 la vedova del Rossi, Teresa Castelli, si ritrovò a vivere nell’edificio con il figlio. Nel 1801 la famiglia Grigolati acquistò il terreno e fece costruire la villa tra il 1814 e il 1820. Alcune fonti attribuiscono il progetto ad Adriano Cristofoli con una successiva integrazione di Luigi Trezza.
Dal 1822 il complesso ospitò dalle sei alle nove famiglie alla volta, tra cui i Simeoni, e dal 1826 altre quaranta persone. Nel 1822 la struttura aveva inoltre ospitato due inglesi durante il Congresso della Santa Alleanza indetto dall’imperatore d’Austria. In seguito, nel 1857, ospitò invece Massimiliano d’Austria.
Dopo un periodo di chiusura il complesso fu acquistato dalla famiglia Brasavola de Massa e nel 1969 iniziò un progetto di riutilizzo ad opera dell’arch. Cambruzzi, seguito dal restauro degli interni del 1978-79.
Oggi la villa è divisa in varie parti che accolgono uffici, appartamenti ed un garage interrato.

Descrizione architettonica: La villa possiede un giardino in stile tardo-rinascimentale con aiuole ed una fontana centrale, una caratteristica unica per gli edifici situati in questa zona. Presenta una scalinata esterna di accesso, una balconata posta appena sopra l’ingresso ed è dotata di sotterranei.
La villa è composta da varie sezioni collegate tra loro: ciò è dovuto ai diversi interventi avvenuti durante i secoli. La facciata è ottocentesca, chiusa da un fastigio triangolare completato da festoni e pinnacoli, mentre il corpo edilizio posto alla sinistra della facciata è relativamente recente.

Autore: Istituto Maffei. 

4 – Isolato del Cavallino

Indirizzo: Piazza Cittadella, via Adigetto, via Caserma Ospital Vecchio

Anno costruzione: 1957 (parte sud); 1965 (parte nord)

Progettista: Ing. Avanzini (parte sud); arch. Cenna e Calcagni (parte nord)

Descrizione storica: L’Isolato del Cavallino, posto a chiusura del lato orientale di Piazza Cittadella, deve il proprio nome alla presenza dell’Albergo Cavallino che, a sua volta, richiama l’utilizzo dei fabbricati quali caserme per cavalleria. In particolare va ricordata la caserma Cittadella, situata nell’angolo sud dell’isolato, che lavorava a sistema con le vicine caserme Tezone e Adigetto, nonché le più ampie del Pallone.
Oggetto di molte controversie, l’attuale isolato del Cavallino fu costruito nella seconda metà del Ventesimo secolo a seguito dei gravi danni arrecati dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale.
Le controversie sorte riguardarono sia il cantiere, che aveva creato un vero e proprio cratere nella piazza, rendendola inutilizzabile, sia la dimensione e l’estetica dei nuovi edifici che si presentavano in grande disarmonia con le preesistenze. Alla fine degli anni ’50 venne completato il fabbricato posto a sud, sul sedime della vecchia caserma Cittadella, su progetto dell’ing. Avanzini. Qui al posto di un edificio da quattro piani ne sorse uno da sei. La parte nord dell’isolato fu costruita qualche anno più tardi su progetto degli architetti Cenna e Calcagni, riproponendo sempre edifici di ampie dimensioni.

Descrizione architettonica: La parte sud dell’isolato, costruita a fine anni ’50, presenta un perimetro triangolare; tale tecnica viene solitamente utilizzata per poter usufruire di quanto più spazio possibile in un lotto ridotto. Il piano terra dell’edificio funge tuttora da ingresso ai piani abitabili superiori (cinque piani), nonostante vi sia anche la presenza di negozi.. Se al pianterreno si trovano per lo più ingressi al palazzo o vetrine di negozi, la facciata superiore è strutturata attraverso un sistema di balconi e finestre; si trovano infatti al centro quattro file di tre balconi, accompagnate un piano si ed uno no da un altro balcone sul lato. Il primo e ultimo piano, invece, presentano solo finestre, senza alcun tipo di balconcino. Anche il tetto rientra nello stile degli altri palazzi, in quanto “ad impluvio”. Quando il progetto fu messo in atto, l’architetto dovette confrontarsi anche con una disputa amministrativa per la quale sia il Cavallino che l’isolato dietro ad esso dovevano regolare le loro altezze in base alla larghezza della strada. Inoltre, l’isolato presenta anche una parte interna che funge da parcheggio o da ingresso ad altri edifici non collegati a quelli esterni.

Autore: Istituto Maffei.

5 – Palazzo Castelli

Indirizzo: Via Tezone, 3

Anno costruzione: 1926

Progettista: Arch. Francesco Banterle

Descrizione storica: Trattasi di un palazzo costruito sul sedime di quello che originariamente era detto tezone, ossia un edificio nel quale si produceva il salnitro destinato alla preparazione della polvere da sparo che qui esisteva fin dal tempo della Repubblica Veneta. Con la dominazione austriaca il salnitro cominciò a essere prodotto con metodi sintetici e l’area su cui sorgeva il tezone venne adibita a magazzino per foraggi militari. Proprio il magazzino fu interessato da un grave incendio nel 1898 che ne distrusse un’ampia parte.
L’attuale palazzo, collocato nelle vicinanze del centro storico e di piazza Cittadella, fa parte di un complesso triangolare che conferisce linearità alla via su cui affaccia, via Tezone, e allo stesso tempo riesce ad utilizzare tutto lo spazio che rimane in quell’area. Tale strategia è stata adottata anche per quanto riguarda il complesso alla sua destra, giacché visto il poco spazio ai tempi della costruzione, si doveva riuscire ad incastrare tutto alla perfezione senza perderci in superficie. L’edificio è stato per anni di proprietà della famiglia Castelli; dopo averne ordinato la costruzione, compiuta nel settembre del 1926 secondo l’archivio dell’Ufficio distrettuale delle imposte dirette, fu ufficialmente reso abitabile. Grazie ad un archivio privato, si sa che l’architetto incaricato del progetto fu Francesco Banterle, già noto nella Cittadella per la costruzione di Palazzo FRO e di numerosi palazzetti nei vari borghi della città di Verona, nonchè degli uffici delle Officine Galtarossa.

Descrizione architettonica: Il progetto originale del palazzo, alla sua costruzione, prevedeva il bugnato al piano terra, un parapetto balaustrato e ingressi sporgenti sopra le scalinate; inoltre, vi erano solo un magazzino e un garage. All’epoca, l’accesso all’area garage era costituito da un portone ad arco. Com’è comprensibile dopo tanto tempo, però, si è deciso di ristrutturare il palazzo, dunque sia il bugnato che il parapetto e gli ingressi aggettanti sono stati tolti, e il numero di garage è stato incrementato; inoltre i portoni che ne danno l’accesso non sono più ad arco. L’accesso alla parte abitabile invece, è costituito da una parte rialzata e una piccola scalinata che porta ad altre due scalinate simmetriche e contrapposte; queste a loro volta portano alle porte con timpano spezzato al piano terra e alle due diverse aree dell’edificio. Al piano terra è inoltre presente un balconcino a balaustri non sporgente. Dal primo piano all’ultimo, la facciata presenta lo stesso schema con tre finestre rettangolari ed al centro un balcone sporgente (aggettante) sebbene l’aggiunta delle cornici al di fuori modifichi leggermente l’estetica, conferendo alle finestre una costruzione rettangolare, o ad arco, o ad archivolto. Non vi è un determinato indirizzo per quanto riguarda lo stile, bensì sono ben chiare le citazioni classicistiche come le balaustrate, la rigorosa simmetria e la facciata. Si ricorda infatti l’impegno iniziale dell’architetto Banterle di coniugare tradizione classica con un linguaggio modernista; tale strada verrà poi abbandonata dal progettista, ma è ancora ben visibile in questo palazzo, così come in molti altri costruiti o restaurati negli anni venti del novecento dall’architetto.

Autore: Istituto Maffei.

6 – Casa Bragantini

Indirizzo: Via Adigetto, 5

Anno costruzione: 1932

Progettista: Arch. Ettore Fagiuoli (sopraelevazione)

Descrizione storica: Ettore Fagiuoli (Verona 3 Settembre 1884 – Verona 19 Marzo 1961) ideatore della trasformazione di Casa Bragantini, è stato un architetto e scenografo italiano, celebre per le sue opere a Verona e provincia oltre che per le sue scenografie del festival lirico areniano. A Verona inizia la costruzione di numerosi villini signorili nell’area di Borgo Trento. Incline allo stile liberty nei suoi lavori si intravede anche uno stile neo-medioevalista e neo-quattroecentesco. Nello stesso anno della presentazione del progetto per la Cassa di Risparmio in Piazza delle Erbe progetta il campanile per il duomo di Verona, che verrà poi realizzato nel 1927. Dal 1913 inizia l’attività di scenografo allestendo le scenografie di Aida (in scena per la prima volta all’Arena di Verona in occasione del centenario della nascita di Giuseppe Verdi). Finita la grande guerra progetta e realizza, in città, il garage Fiat in via Manin dando prova di un notevole modernismo nell’utilizzo di calcestruzzo armato e ampie vetrate. Sempre a Verona, tra il 1922-26, progetta il nuovo palazzo delle poste in stile ispirato al manierismo e all’architettura barocca e la ristrutturazione per l’area del Ghetto di Verona e per quella del Filarmonico (Teatro Filarmonico di Verona e Museo lapidario maffeiano), nel 1925 vince il concorso nazionale per la costruzione del Ponte della Vittoria. Tra il 1929 e il 1935 realizza, con l’ing. Angelo Invernizzi e la collaborazione dell’ingegner R. Carapacchi per la parte meccanica, “Villa Girasole” a Marcellise, in provincia di Verona. La particolarità della villa è di ruotare sul proprio asse per seguire il corso del sole durante l’intero arco della giornata, secondo il mito del movimento e dell’energia proposto dal futurismo.
Il campanile del Duomo di Verona è l’opera che più di ogni altra rappresenta l’evoluzione e l’eredità dell’architettura in città. Il basamento romanico, il corpo centrale rinascimentale disegnato da Michele Sanmicheli e la cella campanaria di Ettore Fagiuoli. Non è un caso che il Sanmicheli ed Ettore Fagiuoli si trovino accostati in questo importante punto di riferimento del paesaggio urbano veronese. Essi sono i due architetti la cui impronta ha maggiormente caratterizzato l’aspetto della città, il primo nel 1500, il secondo nel 1900.

Descrizione architettonica: Casa Bragantini è situata all’angolo tra Vicolo Croce Verde e Via Adigetto.
Dalle mappe storiche si può notare la presenza dell’edificio, con poche differenze strutturali, fin dalla prima metà dell’Ottocento, anche se i primi documenti che abbiamo risalgono al 1932 quando il Podestà di Verona ha dichiarato l’edificio abitabile con le diverse modifiche tra cui la sopraelevazione di un altro piano. Nonostante la Cittadella abbia subito molti bombardamenti, potremmo dire che nell’area dove è situata casa Bragantini non vi furono danni. La struttura ha una forma a L che rimarrà invariata nel tempo. La casa, prima della ristrutturazione effettuata dal signor Bragantini, era composta da due piani. La casa quindi inizialmente aveva un doppio portone ligneo come entrata principale da Via Adigetto e due entrate secondarie laterali. Il portone e le porte laterali avevano degli elementi metallici allo scopo meramente decorativo (le decorazioni metalliche del portone principale non si possono vedere oggi, ma quelle delle porte laterali sono ancora visibili, forse replicate da quelle più antiche). Al primo piano, in entrambe le facciate, la casa presenta molte finestre. Il tetto, completamente lineare sul prospetto di Via Adigetto, è invece diverso in Vicolo Croce Verde, infatti, in concomitanza con la fine della casa, il tetto si abbassa fino a quasi a toccare le mura che erano collegate con Casa Bragantini, che comprendevano un ulteriore entrata probabilmente per il giardino privato della casa. Il portale che probabilmente portava al giardino è composto da mattoni che vanno a formare un arco a tutto sesto. A sostenere questo arco a tutto sesto due colonne con i relativi capitelli sempre in mattoni, che sono anche parte costituente delle mura stesse che inglobano il portone. Dopo la ristrutturazione, effettuata dal Signor Bragantini agli inizi del Novecento, la casa risulta profondamente cambiata. Non variano il piano terra e il primo piano, ma al posto del tetto si nota un ulteriore piano, alto 3,50 metri, che va così a dare uno slancio verso l’alto alla casa. Le finestre del secondo piano sono in perfetta corrispondenza con quelle del primo, ma con una differenza; la finestra del secondo piano che si trova esattamente in simmetria con il portone principale della casa viene tramutata in una portafinestra con un balcone annesso. Oltre alla sopraelevazione di un piano, già grande cambiamento, venne costruito un balcone ad angolo che si affacciava su entrambi i lati sulla quale la casa era costruita, Vicolo Croce Verde e Via Adigetto. Il nuovo tetto viene costruito non più con una forma lineare ma in parte spiovente sul lato di Via Adigetto e con una forma irregolare sul lato di Vicolo Croce Verde, con la differenza che, essendo la casa ancora più alta, il tetto non si abbassa fino alle mura che delimitano il giardino.

Autore: Istituto Maffei.

7 – Casino Gazzola

Indirizzo: Via del Fante, 3

Descrizione storica: Si tratta di un elegante edificio rinascimentale sorto all’interno dell’area fortificata della Cittadella. Quando l’edificio fu costruito, nella seconda metà del XVI secolo, la Repubblica di Venezia aveva già provveduto a potenziare le mura a sud della città con un fronte bastionato, all’epoca tra gli esempi più innovativi nell’arte militare italiana.
Il palazzo Gazzola si trova di fronte all’ex-caserma del 79° reggimento di Fanteria (fino a pochi anni prima casa circondariale) di cui ancora oggi è possibile ammirarne il complesso con bel portale d’accesso al “giardino” che si estendeva a lato. ,e scendeva verso l’Adige fino al bastione di San Francesco.
Dall’ottobre 1794 al 26 aprile 1796, fu ospite il re di Francia Luigi XVIII o conte di Provenza, conosciuto nella Repubblica di Venezia con il nome di conte di Lilla, come testimonia una targhetta sulla palazzina. Quest’ultimo era stato costretto a scappare dalla Francia come conseguenza della Rivoluzione Francese che si stava svolgendo. Fu quindi intimato dalla Repubblica di Venezia di andarsene un mese prima che le truppe napoleoniche raggiungessero la città.

Descrizione architettonica: Si tratta di un elegante edificio rinascimentale che presenta un fronte armonico e simmetrico verso la strada ed un giardino nel lato posteriore, il cui accesso avviene mediante un portale a bugnato con arco a tutto sesto.
Il palazzo a tre piani più il mezzanino nella parte sommitale, è reso elegante da una facciata simmetrica regolarizzata da una teoria di finestre ad arco centinato, di chiaro recupero romano.
Il bugnato gentile alla base, che dinamizza la parte inferiore da cui si accede all’edificio, mostra tangenze con l’architettura residenziale coeva al celebre architetto veronese Michele Sanmicheli.

Autore: Istituto Einaudi.

8 – Casa Ferrari

Indirizzo: Via Bartolomeo Grazioli, 2

Descrizione storica: Nella zona compresa tra la caserma Campone ad ovest ed il fiume Adige ad est, vennero edificate a partire dagli anni 20’ del 1900 una trentina di case destinate ai dipendenti delle ferrovie. Furono edificate anche altre case popolari in zone fino ad allora non abitate perché destinate alle fortificazioni.
In questa area di proprietà dei Conti Gazzola, erano presenti infatti orti con viti e coltivazioni di frutta, che furono smantellati per lasciare posto al nuovo quartiere residenziale, che mantenne il nome dei proprietari del latifondo: Orti Gazzola.

Descrizione architettonica: Nell’area della Cittadella, come per molte zone del centro storico, è possibile ammirare numerosi villini in stile Liberty che furono realizzati a partire dai primi vent’anni del Novecento.
Il Liberty, diffusosi con la fine dell’ottocento in Europa, giunge in ritardo a Verona ed esplode dopo la famosa esposizione a Torino del maggio 1902.
Questo nuovo linguaggio a Verona può essere ricondotto ad un liberty temperato in cui i nuovi criteri stilistici non respingono totalmenti i modelli del passato cari all’eclettismo e si affermano con linee piuttosto asimmetriche e dinamiche, con inserti decorativi fitomorfi, ispirati alle sinuosità della natura.
E’ il caso del villino in oggetto che compatto nella sua struttura viene dinamizzato nei prospetti in facciata da corpi turriti aggettanti che ne esaltano l’asimmetria del complesso.

Autore: Istituto Einaudi.

9 – Ex Stabilimento Melegatti

Indirizzo: Via Raggio di Sole, 51

Anno costruzione: 1951

Progettista: Ing. Giuseppe Fraizzoli

Descrizione storica: Melegatti S.p.A, quindi l’attività industriale, nasce nel 1894 per opera di Domenico Melegatti. Così nel 1957, nelle pubblicazioni cittadine già si faceva esplicito riferimento ad una “industria dolciaria”.
La sede originaria era situata in Corso Porta Borsari, dove è ancora possibile ammirare il bel Palazzo Melegatti-Turco riconoscibile per i singolari ornamenti esterni rappresentanti alla sommità il tipico dolce prodotto dalla stessa società, il pandoro.
Nel 1949, viene registrato il marchio costituito da un’etichetta di colore blu chiaro con una decorazione composta da una successione di immagini che consistono in un disegno di dolce posto fra due gatti in piedi sulle zampe posteriori in atteggiamento simmetrico.
Dopo la fine della prima guerra mondiale, nel 1951, la “Casa del Pandoro Melegatti” diventa un vero stabilimento industriale, trasformata in una società a responsabilità limitata (S.r.l.). Nello stesso anno, viene inaugurato un grande laboratorio in un moderno edificio appositamente costruito in via Raggio di Sole, all’angolo di Corso Porta Nuova. Nel 1955, viene aperto un secondo negozio situato sotto i portici di Piazza Bra, a quel tempo cuore signorile della città.
Grazie a due furgoncini decorati con il marchio Melegatti, l’azienda può distribuire i suoi prodotti nella provincia di Verona, nel mantovano, nel bresciano, e nella zona di Vicenza. Inoltre per espandere maggiormente il proprio mercato, vengono sfruttate le opportunità offerte dalle fiere locali e non solo e in particolare, quella dell’agricoltura a Verona dove è presente uno stand fisso di loro possedimento.
Alla fine degli anni 50’, il pandoro è ormai una realtà nazionale, e lo stabilimento di via Raggio di Sole. inaugurato neppure 10 anni prima, risulta già troppo piccolo.
In un mercato che conta ormai oltre 100.000 tonnellate di produzione annua, la Melegatti occupa un posto di assoluto rilievo e ha conosciuto, dalla fine degli anni 80’ ad oggi, un incremento di fatturato definito strepitoso.
L’edificio oggi è adibito a luogo residenziale.

Descrizione architettonica: Il palazzo ad angolo, dalle forme molto semplici, si trova sulla punta di un bivio tra due strade, da cui è possibile ammirarlo nelle sue due prospettive diverse. Alla base sono presenti varie vetrate che probabilmente svolgevano la funzione di vetrine quando lo stabile era utilizzato a scopo industriale e commerciale dalla famiglia Melegatti. Adattato in seguito a complesso residenziale, l’edificio è stato trasformato secondo esigenze abitative con la soluzione anche di balconi ai piani superi.

Autore: Istituto Einaudi.

10 – Palazzo Montanari

Indirizzo: Via Carlo Montanari, 5

Anno costruzione: 1583

Progettista: Attribuzione a Domenico Curtoni.

Descrizione storica: Il palazzo fu voluto nel 1583 da Giacomo Verità, figlio di Girolamo Verità, per luogo di residenza urbana e ornamento della città. Nel 1764 vi fu l’istituzione dell’Accademia di Pittura di Verona, sotto la supervisione di Giambettino Cignaroli che suggellò il riconoscimento della scuola pittorica veronese. È documentato che già nel corso del Settecento artisti e nobili “dilettanti” si riunivano in una “Accademia veronese del Disegno” per esercitarsi nella copia del nudo, in dimore private messe a disposizione dagli accademici. Tra questi il conte Alessandro Pompei, pittore e architetto, e il marchese Scipione Maffei, uomo molto colto di fama europea che segnò profondamente la cultura veronese nell’età dell’Illuminismo. Si può ipotizzare che proprio la frequentazione di questa figura di intellettuale abbia sollecitato Cignaroli a istituzionalizzare l’“Accademia del Disegno” con un contributo annuo della Municipalità veronese e l’uso di un edificio di proprietà comunale. Giacomo Verità, con suo testamento del 1820, lasciò, fra altri beni, il palazzo alla famiglia Montanari, alla quale egli era imparentato, ed il palazzo stesso fu utilizzato come abitazione dall’ingegnere e dall’architetto Carlo Montanari. Il 13 febbraio 1889 la giunta municipale nomina una commissione per reperire una nuova sede scolastica e persuade il conte Giacomo Montanari, nipote del martire di Belfiore Carlo, a cedere al Comune la villa di via Carlo Montanari con l’annesso giardino, dietro compenso di un vitalizio che poteva durare al massimo 29 anni e raggiungere la somma di lire 88.758. Durante la guerra 1915-18 il palazzo Montanari fu adibito ad ospedale militare ma poi la scuola magistrale riprese la sua sede nuovamente ampliata con la casa del custode, nel lato sud del giardino. Nel 1929, addossata a un’ala dell’edificio scolastico nel lato sud del giardino fu costruita l’attuale palestra con attigui spogliatoi. Purtroppo, tra gli anni 1944 e 1946, l’edificio fu ampiamente danneggiato dai bombardamenti ma a seguito di ripristini strutturali, dal 1949 ospita la sede dell’Accademia di Pittura e Scultura di Verona, intitolata a Giambettino Cignaroli, dopo avere accolto per un ventennio anche le aule del Liceo artistico cittadino.

Descrizione architettonica: Risulta un grandioso complesso architettonico, in stile di transizione tra il tardo Rinascimento di matrice manieristica ed il Barocco. L’accesso all’edificio è rappresentato da un grande portale valorizzato con cariatidi laterali, di cui la sinistra è opera di Angelo Sartori e la destra di Francesco Zoppi, dove Giacomo Verità fece porre il busto del padre Girolamo Verità. Sempre su questo portale si trova un’iscrizione latina voluta da Giacomo Verità con l’anno di erezione dell’edificio, ossia il 1583.
Mentre un muro con merli a forma di plinto, terminanti con una grossa sfera, nascondono il cortile interno e una volta varcato il portone, ci si imbatte tramite un portico, in questo stesso vasta area. La facciata in origine era interamente decorata ad affresco e stilisticamente risulta molto affine al linguaggio sanmicheliano, con finestre centinate e protomi nelle chiavi di volta, il maestoso portale e la loggia.
Al pian terreno si aprono delle grandi finestre rettangolari, e negli specchi sotto le finestre di questo piano si intravedono tracce di affreschi raffiguranti danze di Amorini. Qui abitò Carlo Montanari, alla cui memoria sono dedicati la lapide e il busto murati nel muro di cinta.

Autore: Istituto Einaudi.