Project Description
Fortificazioni B
La Cittadella di Verona è definita dall’ingegnere veronese Alessandro Da Lisca una “fortezza urbana contro la città” perché realizzata da Giangaleazzo Visconti come porto sicuro in cui le sue truppe potessero tenersi a distanza dalla popolazione ostile al governo milanese e chiudersi a difesa in caso di sommossa (come accadde nel Giugno del 1390 in seguito all’aumento delle tasse e della sentita nostalgia dei tempi degli Scaligeri). La Cittadella è tutt’ora un’area quadrangolare che si estende da Piazza Bra a Porta Nuova ed è protetta da mura e fortificazioni che ne ricordano la funzione militare e difensiva. Il Visconti sfruttò la vecchia cinta muraria comunale e la nuova realizzata da Cangrande della Scala sessant’anni prima.
In questo percorso seguiremo i confini della cittadella, scanditi proprio da mura e bastioni, per avere un’idea complessiva del perimetro e delle dimensioni della zona e per constatare la bellezza artistica e l’importanza storica di questo patrimonio ancora apprezzabile da tutti.
I punti cardinali del percorso sono rappresentati dalla Porta Nuova, che dà l’accesso al grande corso omonimo fino a Piazza Bra, dai due Bastioni di San Francesco e del Crocefisso, e dalla Torre Pentagona adiacente ai Portoni della Bra, cuore della città di Verona.
Lungo il percorso avremo modo di vedere il Bastione della Santissima Trinità, all’interno del Parco delle Mura, all’interno del quale si trova un rifugio antiaereo risalente alla Seconda Guerra Mondiale. Proseguendo lungo il Lungadige Capuleti troveremo tracce delle mura medievali che cingevano la cittadella a destra dell’Adige, fino ad arrivare al Bastione del Crocefisso, scarsamente visibile per via della vegetazione, e alle Mura di Via Pallone di età comunale. Seguendo le mura incontreremo la Torre di Ponte Rofiolo, una delle poche rimaste di questa cinta, e le Caserme del Pallone, oggi utilizzate come uffici comunali. Infine giungeremo all’inizio di Piazza Bra, presso la svettante Torre Pentagona e l’elegante palazzo della Gran Guardia.
Avremo così percorso il perimetro della zona fortificata di Verona, scoprendo edifici e fortificazioni di epoche e stili diversi di cui d’altronde la Cittadella è ricca.
1 – Porta Nuova
Indirizzo: Porta Nuova
Anno costruzione: 1532-1540
Progettista: Arch. Michele Sanmicheli
Descrizione storica: Durante la prima metà del sedicesimo secolo iniziarono i lavori di adeguamento delle fortificazioni della città di Verona: alcune strutture, come Porta Nuova, vennero costruite per poter fortificare al meglio la città. La sua posizione è molto strategica sia per il transito, all’imbocco dell’arteria che conduce a Piazza Brà, che per la difesa, in quanto la porta venne inserita nel complesso fortificato costituito dal coevo fronte bastionato progettato dal celebre architetto Michele Sanmicheli, che si occupò anche della ideazione della porta in oggetto.
I lavori iniziarono nel 1532 e questa porta andò a sostituire l’antica porta di S. Croce, di epoca scaligera. La data di conclusione dei lavori, il 1540, fu indicata sul timpano centrale rivolto verso la città e, il 1° agosto dello stesso anno, avvenne l’apertura ufficiale della porta anche se la copertura rimase provvisoria per molti anni, fino al 1570.
Successivamente, nel 1801, dopo la distruzione da parte dei francesi del Leone di S. Marco situato nell’attico, furono posizionate l’Aquila imperiale bicipite e la corona, emblema dell’egemonia austriaca sulla città.
Inoltre, con il passare del tempo, furono apportate numerose modifiche, soprattutto durante l’occupazione austriaca, alla facciata verso la campagna.
La porta, infine, perse la sua funzione nel 1912.
Descrizione architettonica: La porta si contraddistingue per monumentalità ed eleganza, vero e proprio “biglietto” da visita della città. E’ una porta in pietra viva con una facciata interna realizzata in tufo costituita da un fornice (luce di un arco o di una porta monumentale) in bugnato rustico, il cui ordine è dorico e su cui si eleva un timpano triangolare decorato con gli stemmi della città. Al contrario, la facciata esterna, un tempo verso la campagna, è costituita da pietra bianca e inizialmente era composta da un solo fornice accompagnato da due ingressi laterali minori. Inoltre era sostenuta da due pilastri in marmo che si sostenevano all’interno di un profondo fossato.
Con l’arrivo degli austriaci però, la porta subì parecchie modifiche, tra cui l’aggiunta dei due piccoli ingressi laterali e di due parti turrite in laterizio che allargarono la struttura lateralmente potenziandone la resa difensiva.
La sezione cinquecentesca, conservata nella parte centrale, mostra ancora l’antico ingresso carraio principale esaltato da uno stile classicheggiante con richiamo agli archi di trionfo romani. Si apprezzano i riferimenti all’ordine dorico nella scelta specifica dei semplici capitelli, nel fregio decorato da triglifi e metope alternati e nell’impiego del timpano triangolare alla sommità del fregio.
Autore: Istituto Einaudi.
2 – Bastone SS. Trinità
Anno costruzione: 1530-1531; 1836
Progettista: Arch. Michele Sanmicheli ; Impero Asburgico
Descrizione storica: Quest’opera insiste sull’area della precedente cortina muraria commissionata da Cangrande della Scala su progetto del maestro Calzaro per realizzare una prima cinta muraria. Successivamente, tra il 1530 e il 1531, durante la dominazione della Repubblica di Venezia, la vecchia cortina, troppo fragile e poco all’avanguardia per l’epoca, fu smantellata cedendo il posto al nuovo fronte bastionato che rispondeva in maniera più adeguata alle nuove esigenze di difesa o offesa militare, in riferimento alla nascita della polvere da sparo. Per tale ambizioso progetto fu chiamato l’architetto Michele Sanmicheli che si occupò dell’ideazione del bastione in oggetto, così nominato per la vicinanza alla chiesa romanica omonima.
Sfortunatamente, il bastione fu demolito tra il 1801 e il 1802 a causa delle truppe napoleoniche; fu di conseguenza ricostruito nel 1836 su commissione dell’impero austro-ungarico e quindi riassemblato dall’architetto militare Franz von Scholl, riportando uno stile unico e originale, ma soprattutto innovativo per gli standard dell’epoca.
Descrizione architettonica: E’ un bastione pentagonale costituito da un terrapieno (accumulo artificiale di terreno) con scarpate a pendenza naturale, circondato da muro in laterizio di rivestimento, è munito di caponiera (opera fortificata in legno o mura destinata alla difesa) centrale a due piani, di poterne (architettura militare con scopo difensivo) di comunicazione ai due lati e una polveriera. Il muro e le altre opere murarie sono rivestite di conci di tufo veronese. Le cortine murarie che ne costituiscono il corpo del bastione a forma di freccia, sono rivestite da laterizio il cui profilo è a scarpa, ossia in pendenza fino all’altezza della cordonatura di pietra, e terminano con un coronamento superiore, sempre in laterizio, verticale, che regge il parapetto di terra con scarpata a pendenza naturale.
Autore: Istituto Einaudi.
3 – Rifugio antiaereo
Anno costruzione: 1943
Descrizione storica: L’attività dei tecnici comunali incaricati di approntare i rifugi e bunker si intensificò nel 1943, con la sistemazione delle poterne del Bastione SS. Trinità a ricovero antiaereo, contrassegnate con i numeri 18 (lato Porta Nuova, fronte via Minatore) e 19. In seguito subentrano i lavori realizzati direttamente dalla Wehrmacht, che utilizzerà i locali per una centrale telefonica.
I bunker costituiscono un’importante realtà architettonica a scopo difensivo durante il cruente periodo della Seconda Guerra Mondiale. Essi sono strutture difensive, a volte sotterranee per garantire una maggiore solidità al manufatto e sono stati usati a partire dalla Prima Guerra Mondiale, ma più frequentemente durante la Seconda Guerra Mondiale. Come piccoli forti, all’interno di tale struttura, vi si possono trovare, oltre alle stanze di combattimento difensive, anche un’area destinata all’alloggio dei soldati, inclusi i servizi igienici, cucine, sale radio per comunicare con l’esterno, sale per gli impianti di depurazione e arieggiamento degli alloggi. Normalmente vi si trovano anche spazi per il coordinamento delle truppe, quelli per le riunioni degli ufficiali, luoghi di trasmissione, spazi per archivio e anche quelli per la scorta di generi di prima necessità in caso di assedio o impedimenti bellici.
Descrizione architettonica: Il bunker copre il cammino di ronda, fino alla traversa e all’orecchione, dove è collocato uno dei tre ingressi. Un secondo accesso è situato nei piccoli bunker edificati a ridosso del muro alla Carnot sui fianchi del bastione; l’altro è rivolto verso la circonvallazione interna.
L’interno è suddiviso in stanze con muri di cemento. Nella pavimentazione sono visibili i canali di scolo, in alto alcune prese d’aria. Nel tratto interno alla poterna la pavimentazione inclinata è sostituita da gradoni.
Il bunker ovest, verso porta Nuova, nel dopoguerra è stato completamente spogliato di tutti gli elementi metallici, porte, cavi elettrici, grate, mentre in quello est, in uso fino a pochi anni fa dall’aeronautica militare, è visibile qualche resto dell’impianto elettrico.
Autore: Istituto Einaudi.
4 – Mezzo bastione di San Francesco
Anno costruzione: 1551-1552
Progettista: Arch. Michele Sanmicheli
Descrizione storica: Il mezzo bastione di San Francesco venne realizzato dall’architetto veronese Michele Sanmicheli nell’ambito del rafforzamento, da parte della Repubblica di Venezia, delle fortificazioni di Verona con l’obiettivo di renderle più adatte nella difesa contro la polvere da sparo, novità introdotta nell’arte militare di quell’epoca.
Il tracciato delle nuove cortine murarie ricalcava quello della precedente cinta scaligera, che non venne completamente distrutta conservando alcune parti integrate quindi nel nuovo progetto.
Nel costruire il nuovo bastione di San Francesco si procedette creando un terrapieno all’interno delle mura scaligere e cimando anche l’antica torre di Sant’Antonio, che fu quindi incorporata nel bastione. L’architetto disegnò uno dei primi esempi di mezzo bastione, ovvero un’opera formata da una sola faccia e da un solo fianco, adatta ad essere collocata lungo la riva di un fiume; si tratta, tra l’altro, di uno dei due bastioni sanmicheliani situati lungo la cinta meridionale sopravvissuti alle demolizioni napoleoniche. Infine, nel 1842, vi fu il rafforzamento del bastione e l’adattamento alle nuove esigenze difensive.
Le costruzioni abusive sorte alla fine della guerra, lo hanno ricoperto e nascosto, tanto che non è più riconoscibile come opera di fortificazione. Attualmente ancora di proprietà Demaniale, dopo la II Guerra Mondiale è stato in balìa dell’abusivismo edilizio di necessità, abusivismo che si è protratto oltre misura negli anni, con passaggi di proprietà ed uso non solo abitativo.
Descrizione architettonica: L’opera ha la forma geometrica di un trapezio munito di piazza bassa disposta nel fianco destro, per le artiglierie a cielo aperto, alla quali si accede attraverso una poterna dotata di polveriere.
Il muro di rivestimento è ricoperto da un paramento in laterizio e il suo profilo è a scarpa, ossia in pendenza, sino all’altezza della cordonatura di pietra, mentre il coronamento superiore, sempre in laterizio, è verticale e sostiene un parapetto di terra con scarpata a pendenza naturale.
Il muro di rivestimento è attraversato da una galleria di contromina, provvista di spiragli per la luce e per l’aria.
Il bastione incorpora la torre Scaligera di Sant’Antonio, che conclude la cinta magistrale sulla riva dell’Adige. La torre è stata cimata e riempita di terra.
Autore: Istituto Einaudi.
5 – Mura Scaligere
Anno costruzione: L’esistenza di una cinta comunale urbana è documentata già nella prima metà del XII secolo (1157); la segue una seconda fase, la quale può essere delimitata tra il 1239 (anno in cui un’inondazione causò il crollo della cinta in due tratti) e il 1259, periodo i dominazione di Ezzelino III da Romano.
Descrizione storica: Il sistema difensivo urbano dell’età comunale è formato da un recinto murario che segue il corso dell’Adigetto con tracciati irregolari e paralleli. Nel corso del tempo si sono sovrapposti restauri e ricostruzioni sulle muraglie, tanto che ora si possono solo formulare delle ipotesi sui tempi e sui modi della loro costruzione.
È possibile l’ipotesi che lo scavo dell’Adigetto sia contemporaneo alla costruzione delle mura, e queste siano state successivamente rafforzate da un antemurale (Fortezza o luogo periferico di difesa contro aggressioni o invasioni) con andamento pressoché parallelo, e parzialmente ricostruite. È plausibile che l’antemurale, che un tempo correva lungo il tratto dell’Adigetto, abbia maggiormente subito il processo di trasformazione urbana, tanto da essere quasi completamente scomparso, mentre nella cinta principale si sono sovrapposti interventi di restauro, ricostruzione, rafforzamento e trasformazione.
Descrizione architettonica: Lungo il tratto di via Pallone e proseguendo nella via Lungadige Capuleti è possibile ammirare la cinta edificata nella prima metà del XII secolo e rimaneggiata nel corso del tempo.
Presso la cresta murale sporge, verso l’interno, il cammino di ronda sostenuto dallo spessore del muro e da una porzione di muro aggettata. Il cammino di ronda pavimentato con lastre marmoree, è coperto esternamente da merli che si elevano per circa due metri e che hanno forma rettangolare o a coda di rondine; nei merli si aprono le feritoie strombate. Il cammino di ronda inoltre accede alle torri che in generale sono aperte verso l’interno e contengono ripiani e scale.
Per poter aumentare l’ostacolo per offendere l’assalitore, alle mura e alle torri si aggiunsero i ponti levatoi, le saracinesche, le piombatoie, le garrette e le guardiole poste nei salienti.
Successivamente, per poter modificare le opere di difesa, si abbassarono le mura e le torri e ai piedi delle prime costruirono lo spalto.
Per aumentare la resistenza, si costruirono le mura a scarpata con inclinazione molto sentita.
Le parti deboli delle mura (merli, piombatoie, guardiole sporgenti…) furono poi soppresse.
Autore: Istituto Einaudi.
6 – Bastione del Crocifisso
Anno costruzione: 1512
Descrizione storica: Chiamato anche Bastione del Crocefisso, era inizialmente solo un rialzo di terra caratterizzato da una muraglia sull’Adige che serviva per difendersi dai nemici della sponda opposta. Era posto sull’Adige nei pressi della Torre della Paglia, che collegava il muro comunale di Ezzelino con quello scaligero.
Il bastione godeva un ruolo significativo nell’architettura della città, in quanto corrispondeva al punto in cui l’Adigetto, uno dei rami dell’Adige ora interrato, sfociava nel fiume. Venne costruito dagli Imperiali nel 1512 che provvidero a rinforzare le difese della città. Il suo nome deriva dalla Chiesa di S. Fermo piccolo, che veniva anche chiamata del “Crocifisso” poiché conteneva una croce considerata miracolosa. Questa chiesa era stata distrutta nel 1624 per l’esplosione della Torre della Paglia (usata come deposito per le polveri esplosive) ed era stata poi ricostruita e demolita nel 1898 in seguito all’allargamento di una parte della città. Anche il bastione venne poi ricostruito nel 1627 per ordine del Capitano Antonio Bragadin. Entrò “ufficialmente” a far parte della pianta della città nel 1822 ma nel 1879 venne ridotto per la costruzione del ponte Aleardi. Ora, infatti, si può vedere solamente la base della muraglia verso il fiume con il leone di S. Marco, non scalpellato dai giacobini come invece era successo per la maggior parte delle altre insegne veneziane e, sopra lo sbocco dell’Adigetto, il blocco di pietra con la data della ricostruzione del 1627.
I bastioni acquisirono una particolare importanza con l’avvento delle armi da fuoco e diventarono le parti sporgenti dal muro, prima identificate dalle torri. I bastioni inizialmente erano a pianta circolare e prevedevano la possibilità di porre l’artiglieria solamente sulla sommità, mentre successivamente diventarono muniti di gallerie interne che servivano per contenere delle bocche da fuoco.
La “fortificazione bastionata” fece diventare Verona uno degli esempi più famosi per quanto riguarda questa particolare caratteristica che viene conferita alla città in particolare in epoca veneziana su indicazione di Michele Sanmicheli.
Descrizione architettonica: Il bastione un tempo era compreso nelle mura stesse, al contrario di adesso in cui è completamente isolato rispetto alla cinta muraria.
Numerosi sono i problemi legati alla prevenzione di quei luoghi storici che non si notano quasi più. Questo bastione, in particolare, è quasi completamente “ricoperto” da alberi, che impediscono di osservarlo in modo approfondito. Il fatto, inoltre, che sia stato ridotto per la costruzione di ponte Aleardi e che quindi ne rimangano solo dei tratti, rende ancora più difficile distinguerlo rispetto a edifici più vistosi è ancora visitabili. Se, quindi, un’opera difensiva come questo bastione dovrebbe essere fondamentale nella storia difensiva della città, di fatto non lo è ma, anzi, risulta trascurato e addirittura perduto. Per fare un altro esempio, numerose sono le informazioni che si trovano su Internet o nei trattati su bastioni come quello di San Francesco, delle Maddalene o della Santissima Trinità, mentre quelle sul bastione del Crocifisso sono solo appena accennate quando si tratta la costituzione delle mura di via Pallone.
Autore: Istituto Maffei.
7 – Mura di via Pallone
Anno costruzione: Prima cerchia: 1194-1224; seconda cerchia: 1240-50
Descrizione storica: Le mura comunali partono nel punto in cui l’Adigetto si diramava dall’alveo del fiume presso Castelvecchio, costeggiando quella che sarà la Cittadella, per poi riconfluire nell’Adige all’altezza di ponte Aleardi.
La prima cerchia di mura, realizzata tra il 1194 e il 1224, era stata costruita in parallelo con l’Adigetto ma era destinata a durare poco dato che nel 1239 si verificò una piena che distrusse molti tratti di queste mura. Le mura vennero quindi fatte ricostruire tra il 1240 e il 1250 da Ezzelino da Romano arretrandole rispetto alla prima cinta di mura di circa 10 m.
Le mura furono poi rafforzate dagli Scaligeri, in particolare da Alberto della Scala e da Cangrande, che proseguirono i lavori d’ampliamento della cinta muraria, delineando un tracciato che rimase definitivo sia nel periodo veneziano che in quello austriaco.
Con il declino della signoria scaligera prese il potere Gian Galeazzo Visconti che non modificò la cinta muraria ma la rafforzò andando a delimitare lo spazio che prenderà il nome di Cittadella. Giangaleazzo fece modificare il cammino di ronda volgendolo verso l’interno della città e mantenne il “doppio muro” che consentiva alle truppe un passaggio sicuro tra la Cittadella e Castelvecchio. Vennero poi realizzati anche due fossati, uno posto davanti al muro nuovo posto tra piazza Bra e Porta Nuova e il cui interramento, realizzato nel XVI secolo sotto la direzione di Michele Sanmicheli, darà origine a Corso Porta Nuova, mentre l’altro, posto davanti alle mura comunali, sarà poi Via Roma e via Pallone. Sotto il dominio visconteo, Verona diventerà quindi una vera e propria fortezza urbana.
La città passò poi sotto dominio di Venezia nel 1405, momento cruciale per la Serenissima che si stava espandendo anche sulla Terraferma inserendosi, quindi, nelle vicende politiche d’Italia e d’Europa. Verona, dal 1509 al 1516 abbandonò Venezia per entrare nel regno dell’imperatore Massimiliano I d’Asburgo durante il quale, notando l’insufficienza delle fortezze cittadine contro i nuovi sistemi di offesa adottati dai veneziani, erano state migliorate le opere fortificatorie.
Una volta che i Veneziani riconquistarono Verona, le mura comunali persero di importanza e la Cittadella venne aperta alla città. Il Novecento fu un periodo con profonde modifiche sociali, politiche ed economiche. Anche la Cittadella fu soggetta a tali cambiamenti. In particolare, durante la Seconda Guerra Mondiale venne bombardata e parti delle mura vennero danneggiate.
Descrizione architettonica: La cinta muraria di Verona subì numerose trasformazioni architettoniche nel corso della storia.
Dopo la distruzione della cinta comunale in seguito alla piena del 1239, Ezzelino da Romano fece ricostruire le mura rendendole più solide rispetto a quelle precedenti. Nonostante questo, però, la cinta muraria presentava un andamento a linea spezzata in cui le parti di cui era costituita non si incastravano completamente tra loro. Alessandro Da Lisca, ingegnere veronese e reggente della Soprintendenza delle Belle Arti vissuto nel XIX secolo, spiega proprio come questa seconda cinta non venne realizzata cominciando da un’estremità e procedendo fino all’altra, ma di come fosse stata realizzata contemporaneamente in vari punti e utilizzando materiali differenti. Da Lisca non spiega le ragioni dietro questa scelta, quindi si può ipotizzare che fosse legato ad una questione di tempo.
La prima cinta comunale venne realizzata con piccoli blocchi di pietra calcarea che si possono ritrovare non solo nelle mura comunali della Cittadella, ma anche nel cortile di Castelvecchio e in particolare nel muro che delimita a nord giardino Giusti.
Le mura comunali erano state realizzate con la “tecnica a sacco”, cioè una particolare tecnica risalente all’epoca romana che prevedeva che ci fossero due cortine murarie in mattoni o in pietra distanziate tra loro, riempiti all’interno di una miscela di pietrisco. Le due cortine murarie presentavano all’esterno dei paramenti diversi. La prima cinta era costituita, infatti, nella parte superiore da blocchi di pietra calcarea che le conferivano un colore chiaro e uniforme, al contrario della parte inferiore della seconda cinta che era invece caratterizzata da ciottoli di fiume intervallati da mattoni che le conferivano una particolare bicromia.
Le mura vennero ulteriormente rafforzate durante il periodo visconteo e veneziano.
La cinta muraria comunale subì grandi trasformazioni durante il Novecento con la perdita di ampi tratti della prima cinta come nella zona dove oggi si trovano gli uffici dell’Anagrafe o i giardini Escrivà.
Autore: Istituto Maffei.
8 – Porte e Torre di Ponte Rofiolo
Indirizzo: Via Ponte Cittadella
Anno costruzione: 1240-50
Descrizione storica: La Torre e le Porte di Ponte Rofiolo prendono nome dalla diramazione dell’Adige, l’Adigetto o Rio Fiol, che le costeggiava. Esse si integrano nella prima cinta muraria, i cosiddetti Muri Novi, voluta in età comunale e caratterizzata dall’integrazione di elementi difensivi e decorativi. Le torri rappresentano infatti un importante elemento militare di difesa ma anche una sorta di status symbol nobiliare nelle città comunali.
La cinta subirà vari danni in seguito a catastrofi naturali come alcune piene dell’Adige e forse addirittura un terremoto, ma verrà rinforzata con una seconda cinta muraria nella prima metà del Duecento. In questo periodo infatti, si verificheranno sia un’inarrestabile piena dell’Adige, sia l’inizio della tirannide di Ezzelino da Romano per mano dell’Imperatore Federico II, nelle città di Verona, Vicenza e Padova. Il nuovo governatore sosteneva che la città di Verona fosse una delle basi principali dell’autorità imperiale e meritasse dunque delle difese adeguate contro la minaccia guelfa (Mantova). Come accennato, Ezzelino, nel decennio tra il 1240 e il 1250 fece costruire una seconda cinta muraria, più robusta e più bella della precedente, realizzata con la tecnica a sacco in ciottoli e mattoni con andamento a linea spezzata, che crea una vivace bicromia. La nuova cinta, alta 13 metri, era anche provvista di numerose torri di cui oggi rimangono pochi esempi, tra cui quella di Ponte Rofiolo, e di fossati; essa andò a costituire la forma urbis della città per molti secoli, dimostrando la lungimiranza del progetto di Ezzelino.
La torre di Porta Rofiolana venne poi sopraelevata da Alberto I della Scala tra il 1287 e il 1289.
Descrizione architettonica: La porta fa parte di un tratto di mura realizzata da fasce in sasso di fiume alternate a laterizio.
La muratura sopra l’arcata a tutto sesto del Ponte Rofiolo è a strati regolari di tufo tenero, di cotto e di ciottolo; non si collega nè con la cortina, nè con la torre a destra, ma solo vi si appoggia .
La torre, realizzata quasi completamente in laterizio, lascia intravedere la merlatura comunale, inglobata nella cinta muraria in seguito all’innalzamento di Alberto della Scala, al quale è ingiustamente attribuita la sua costruzione.
E’ curioso notare che presso Ponte Rofiolo è infissa un’edicola sepolcrale romana: nella casa d’angolo fra Via Pallone e Via del Pontiere è infatti murato, un blocco di marmo funerario romano (I secolo d.C.) con quattro busti-ritratto maschili in nicchie con archi sorretti da telamoni, originariamente parte di un recinto quadrangolare di una necropoli veronese, forse quella della vicina SS. Trinità.
Autore: Istituto Maffei.
9 – Caserme del pallone
Anno costruzione: Sec. XV; metà sec. XIX; inizio sec. XX.
Progettista: Repubblica Veneta; Impero Asburgico
Descrizione storica: Le Caserme del Pallone comprendono una serie di locali ricavati nello spazio tra le due mura realizzate in epoca comunale
La costruzione della prima cinta, che si suppone sia stata eseguita contemporaneamente allo scavo dell’Adigetto, risale alla prima metà del XII secolo, mentre la seconda fu voluta da Ezzelino da Romano nel 1240-50. Venne, inoltre, più riprese rafforzata dagli Scaligeri.
Nel 1325, la costruzione della cinta di Cangrande I della Scala a destra d’Adige ampliava considerevolmente le dimensioni della città e spostava la difesa principale ben oltre la vecchia cinta comunale. Tuttavia, anziché diminuire le potenzialità di quest’ultima, poneva le premesse per un’ulteriore articolazione difensiva all’interno della città.
Questo ampio spazio, destinato all’accampamento delle milizie e alle attrezzature logistiche da parte dei Visconti, era in diretta comunicazione con Castel Vecchio attraverso la strada coperta esistente tra la cinta comunale e l’antemurale, lungo la quale potevano transitare milizie e artiglierie. Il tratto di cinta comunale che delimitava la Cittadella fu modificato per rivolgere la difesa verso l’esterno, rispetto allo spazio interno recintato.
All’inizio del Quattrocento, in epoca veneta, nel medesimo tratto della Cittadella, lungo l’Adigetto, si stabilirono nuove funzioni logistiche: nello spazio compreso tra la cinta comunale e il suo antemurale furono ricavati edifici per magazzini, ricoveri e opifici (arsanata). Tali destinazioni d’uso rimasero anche dopo lo smantellamento, negli anni 1533-1535, del tratto di muro lungo corso Porta Nuova, che apriva lo spazio della Cittadella agli usi civili.
La parte più orientale dell’arsanata sopra menzionata fu riservata alle munizioni e alle polveri fino al 1624, anno in cui un fulmine colpì la Torre della Paglia, e causò moltissimi danni agli edifici circostanti; le polveri furono allora trasferite all’interno delle torri della cinta magistrale vicine a Castel San Felice. Gli altri edifici dell’arsanata furono invece utilizzati come granai sino al 1605, quando furono liberati per essere sistemati a quartieri della guarnigione, stalle e scuderie.
L’articolato insieme logistico del Pallone-Gran Guardia venne conservato anche in epoca absburgica (1814-1866), nella quale venne avviato un cantiere per la costruzione di caserme con diverse destinazioni succedutesi nel tempo, al variare del complessivo ordinamento militare del corpo di piazza. Anche Scipione Maffei scrive in proposito: «poche cose si trovano qui più meritevoli di esser vedute d’alcune opere militari».
Nella pianta di Verona del 1850, rielaborata per uso militare negli anni 1852-1853, sono infatti registrate le cinque caserme di fanteria del pallone (A, B, C, D, E) con la capienza complessiva di 1.483 uomini e sotto l’Amministrazione Italiana, dopo il 1866, nelle Caserme del Pallone si insediò il VI Reggimento Alpini.
Con l’istituzione della Fiera in Cittadella, gli spazi aperti davanti alle mura furono utilizzati per le manifestazioni. Anche le stesse caserme furono più volte modificate per ospitare le fiere. In particolare, la caserma “Pallone C” venne quasi completamente demolita (furono conservate solo le mura di Ezzelino – lato via Pallone) per lasciare posto al “Salone delle Macchine” costruito nel 1926/1927.
Proprio per questo susseguirsi di restauri, ricostruzioni e cambiamenti d’uso su entrambe le muraglie che si possono formulare solo delle ipotesi sugli effettivi tempi e modelli di costruzione.
Descrizione architettonica: Le cinque Caserme del Pallone, in epoca absburgica contraddistinte dalle lettere A, B, C, D, E, erano addossate in serie continua al lato sud della seconda cinta comunale (antemurale); nell’altro fronte delle caserme, un tempo lambito dall’Adigetto, si riconosce la prima Cinta Comunale. La duplice cinta comunale si distingue, nell’impianto planimetrico delle caserme, per il corpo lineare irregolare. La disposizione interna era caratterizzata da ambienti suddivisi in spazi per comandi, alloggi, e da grandi vani unitari, utilizzabili come magazzini, al piano terra, e come camerate comuni, ai piani superiori.
La caserma “A” posta vicino all’Adige, l’unica che si affacciava direttamente sullo spiazzo del Pallone, si elevava su tre piani; di questa caserma si conserva solo il corpo di testata, accanto alla Porta Rofiolana, nel quale si riconosce il Palazzo del Capitano, in stile classico settecentesco. Il prospetto settentrionale della caserma “A” è connotato dai barbacani piramidali di sostegno, inseriti negli anni ’80 dell’Ottocento, e dal possente portale architravato, a conci di pietra, con lo stemma della città e la data 1785.
Le caserme “B”, “C”, “D” (tra la Porta Rofiolana e la Porta della Paglia, oggi fornice della Cittadella), si elevano su quattro piani; di esse rimane la caserma “B” e parte della caserma “D”, la caserma “C” venne radicalmente trasformata nel 1926 e successivamente demolita per lasciare posto agli uffici dell’anagrafe. Sulla testata orientale della caserma “B” si erge la torre della Porta Rofiolana, sopraelevata da Alberto I della Scala. Infine, la caserma “E”, situata tra la Porta della Paglia e la Gran Guardia si eleva anch’essa su quattro piani; è oggi completamente trasformata.
I prospetti settentrionali sono formati dalle nude cortine murarie merlate, nelle quali si distinguono diverse tecniche costruttive, con apparecchiature di pietrame a conci rustici, ciottoli, corsi di mattone, eseguite nelle diverse fasi storiche ( ezzeliniana, scaligera, viscontea). Nelle mura sono state aperte porte e finestre, secondo le necessità dei vari usi succedutisi nel tempo. Anche nei prospetti meridionali, maggiormente alterati, si riconoscono i resti della cinta muraria comunale.
Autore: Istituto Maffei.
10 – Torre Pentagona
Indirizzo: Corso Porta Nuova
Anno costruzione: 1240-50
Progettista: Giovanni da Ferrara/Giacomo da Gozzo
Descrizione storica: La Torre Pentagona rappresenta l’elemento di spicco della seconda cinta muraria lungo l’Adigetto voluta da Ezzellino III da Romano.
La torre in seguito fu presa da Gian Galeazzo Visconti (1387-1402) come riferimento per delineare la Cittadella, insieme alla Torre della Paglia, il Bastione di San Francesco (al tempo torre di Sant’Antonio) e la Porta Nuova.
Annesso alla Torre si trova il Palazzo della Gran Guardia, edificato nel primo Seicento e rimasto incompiuto; esso fu destinato all’Accademia dei Filotimi, per lo studio dell’arte marziale, a sede di rappresentanza dei Provveditori di Terraferma e delle autorità militari venete e a luogo per le riviste delle truppe nella grande loggia terrena, durante la stagione fredda.
Descrizione architettonica: La Torre slanciata e affusolata grazie alla sua inusuale forma pentagonale, fu edificata in difesa della porta che fa accedere a Piazza Bra dal Corso Porta Nuova. E’ realizzata in mattoni rossi e termina con merli ghibellini a coda di rondine. Accanto a essa si ergono gli eleganti portoni della Bra, due fornici con archi a tutto sesto realizzati in laterizio e alla base marmo veronese, su cui fu installato nel 1872 l’orologio.
E’ in progetto per l’anno prossimo (2022) di restaurare e consolidare la torre affinché possa aprire al pubblico e diventare parte di un camminamento turistico in altezza, dal Museo Maffeiano al palazzo della Gran Guardia.
Autore: Istituto Maffei.