Project Description
Fortificazioni A
Il 20 ottobre del 1388 iniziò per Verona il periodo Visconteo quando il potere della città di Verona passò a Giangaleazzo Visconti a seguito della fine della signoria Scaligera. I Visconti fecero realizzare una cittadella fortificata a ridosso della città, dove le loro truppe potessero tenersi a distanza e rifugiarcisi in caso di una sommossa. É risaputo che Giangaleazzo Visconti dopo la conquista di Verona (1387) per assicurarsene il dominio fece restaurare e rinforzare le mura del secondo Comune dalla torre Pentagona della Brà lungo l’attuale via del Pallone fino alla torre della Paglia presso l’attuale ponte Aleardi; le mura scaligere dalla torre della Paglia lungo l’Adige fino al bastione di S. Francesco, presso l’attuale ponte omonimo, e dal bastione fino all’attuale Porta Nuova, che sostituì la vicina Porta di S. Croce di Cittadella, completando il quadrilatero con una quarta cortina muraria lungo l’odierno corso Porta Nuova. La Cittadella di forma quadrangolare si estendeva da Piazza Bra a Porta Nuova, sfruttando la vecchia cinta muraria comunale e quella nuova realizzata da Cangrande della Scala sessant’ anni prima. Nel giugno del 1390 l’ esercito visconteo si barricò nella Cittadella, quando un‘ insurrezione popolare cercò di rovesciare il governo milanese, ma ricevuti i rinforzi i Visconti riuscirono a reprimere la rivolta facendo strage dei cittadini veronesi. Con l’arrivo dei Veneziani nel 1405, la Cittadella Viscontea venne completamente modificata perdendo la sua funzione militare. L’incarico di redigerne il piano urbanistico fu affidato all’illustre architetto Michele Sanmicheli che propose l’abbattimento delle mura viscontee poste sull’attuale corso Porta Nuova. La Repubblica di Venezia, sicura ormai della fedeltà dei Veronesi, ritenendo che la Cittadella avesse perduto la funzione di difesa da attacchi provenienti dalla città, decise di smilitarizzarla e con delibera in data 29 gennaio 1535 incaricò il Sanmicheli di «dessegnar nel predetto loco della Cittadella le strade indirizzandole alla via della Porta Nuova, et a quelle altre vie, che siano de maggior comodità». La cittadella mantenne comunque la sua vocazione militare, ben espressa durante la dominazione austriaca della città (1815-1866) che qui installò diverse infrastrutture militari, prima tra tutte la grande caserma del Campone (1847-1854). Oggi la Cittadella è parte del Centro storico di Verona; è delimitata a Nord dalle mura comunali, a est dall’Adige, a Sud dalla cinta magistrale con il bastione della SS. Trinità e il mezzo bastione di San Francesco, mentre a Ovest da corso Porta Nuova che lo divide dal quartiere della Valverde. Inoltre la muraglia di Ezzelino è tuttora visibile per lungo tratto in Via Pallone (comunemente è indicata come «mura viscontee», perché Giangaleazzo Visconti se ne servi per la sua «cittadella»).

1 – Palazzo della Gran Guardia
Indirizzo: Piazza Bra
Anno costruzione: XVII Secolo
Progettista: Domenico Curtoni
Descrizione storica: Il palazzo della Gran Guardia è stato costruito il 26 settembre 1609 su richiesta del Capitano Mocenigo al Doge di Venezia Donà, durante la dominazione veneziana a Verona. Ad occuparsi del progetto fu Domenico Curtoni, allievo tra i più rappresentativi dell’architetto Michele Sanmicheli.
Era necessaria la presenza di un Accademia militare dove le truppe potessero svolgere allenamenti al chiuso e passare in rassegna, in particolare nei giorni di pioggia. Durante il XVI e XVII secolo Verona vede fiorire la nascita di numerose accademie dedicate alle diverse discipline. Nel caso della Gran Guardia qui vi si istituì l’Accademia dei Filotimi, costituita da nobili veronesi che per onorare la famiglia desideravano che i loro giovani rampolli imparassero le buone pratiche dell’arte militare, compresi andare a cavallo e maneggiare la spada.
I lavori di completamento dell’edificio si protrassero però nel tempo tanto che la struttura fu completata solo nel 1853. Era necessario sistemare l’importante area della Brà conferendole un volto più magniloquente in occasione del Congresso della Santa Alleanza, che si sarebbe tenuto proprio a Verona nel 1822.
Per l’ambizioso progetto fu incaricato l’architetto Giuseppe Barbieri, nominato all’epoca architetto municipale della città. A seguito dell’abbassamento della Brà con lo scopo di livellarne e armonizzarne il piano di calpestio, fu necessario integrare l’edificio della Gran Guardia con una maestosa scala di accesso frontale. Verso il 1820 fu quindi completata la facciata della Gran Guardia in totale armonia con la struttura preesistente.
Ad oggi, l’edificio, sapientemente restaurato, è importante centro polifunzionale, adibito a mostre, a spazi congressuali, ed ospita eventi anche internazionali prevalentemente a carattere culturale.
Descrizione architettonica: L’edificio considerato fiore all’occhiello dell’architettura civile seicentesca, fu progettato da Domenico Curtoni, allievo del celebre architetto Michele Sanmicheli.
Costruito a ridosso dell’antico muro di cinta comunale, presenta una facciata armonica a rievocare esempi dell’architettura classica e rinascimentale decorando in maniera magniloquente l’invaso della Brà.
Arricchito da una maestosa scala aggiunta nel XIX secolo, il palazzo è sostenuto da un ampio porticato in pietra bugnata che, con la serie di arcate a tutto sesto in successione, richiama la vicina Arena ed anche la maestosa Porta Palio progettata dal celebre architetto Michele Sanmicheli.
Nel registro superiore il monumentale edificio vanta 5 finestroni centrali ad arco fiancheggiati in entrambi i lati da altri 5 rettangolari di più piccole dimensioni, a loro volta contornati da colonne corinzie e sormontati da timpani triangolari e archi centinati.
L’edificio si innesta armonicamente nel complesso classicheggiante dell’area della Brà, all’epoca centro gravitazionale della cultura locale.
Autore: Istituto Einaudi.
2 – Mura Comunali
Indirizzo: Via Pallone
Anno costruzione: XII-XIII secolo
Descrizione storica: Trattare il tema delle mura di Verona significa raccontare l’identità storica della città. Verona si può definire una città militare sin dalle origini, in quanto gode di una posizione strategica che l’ha sempre resa nel tempo luogo di conquista. Per questo motivo la storia della città si avvicenda nel corso dei secoli con il susseguirsi di vari dominatori, perlopiù stranieri.
Sin dalle origini, I romani quando giunsero a Verona nel I secolo a.C. compresero subito l’importanza strategica del luogo e procedettero quindi a difenderlo creando le prime cortine murarie. Nel corso dei secoli i vari dominatori allargarono il centro della città proteggendolo con nuove mura. Il profilo del nucleo storico fu quindi determinato dalla famiglia della Scala con la nuova cortina di mura progettata nel 1324, che venne in parte smantellata e ammodernata dai dominatori successivi: veneziani, francesi e austriaci.
La prima cinta comunale eretta nel XIII secolo nell’area sud della città aveva un andamento rettilineo in quanto seguivano la depressione naturale dell’Adigetto e la morfologia del terreno circostante.
Nella cinta comunale si aprivano le seguenti porte: la Porta del Morbio, il romano Arco dei Gavi, che assunse la funzione di porta urbana, porta Orfana, porta Brà, porta Rofiolo, ed una probabile porta nei pressi del ponte Aleardi. Nel 1232, Ezzelino III da romano si impadronisce del potere e ricostruisce ex novo la cinta muraria (lungo l’Adigetto). Alta 13 metri, fu rafforzata da numerose torri con una muratura distinguibile per la tramatura zebrata che alterna fasce di tufo a laterizio con rinsaldo di ciottoli di fiume. Nel 1325, la costruzione della cinta di Cangrande I della Scala a destra d’Adige poneva le premesse per un’ulteriore articolazione difensiva all’interno della città. All’estremità occidentale della cinta comunale venne costruito Castelvecchio (1354). Altri interventi scaligeri possono essere riferiti alla Rocchetta della Bra (dove poi sarà eretta la Gran Guardia) e alla Torre pentagona, rivolta all’esterno per la difesa della Porta.
In epoca viscontea avviene un ulteriore consolidamento con la
formazione della Cittadella.
Questo ampio spazio, destinato all’accampamento delle milizie e alle attrezzature logistiche, era in diretta comunicazione con Castelvecchio attraverso la strada coperta esistente tra la cinta comunale e l’antemurale, lungo la quale potevano transitare milizie e artiglierie. Il tratto di cinta comunale che delimita la Cittadella fu modificato per rivolgere la difesa verso l’esterno, rispetto allo spazio interno recintato.
Descrizione architettonica: Le cortine murarie comunali conservate tra la Gran Guardia e l’Adige (tratto nord della Cittadella) sono state più volte rimaneggiate nel corso dei secoli e adattate alle rinnovate destinazioni degli edifici tra di esse costruiti; trapassate e interrotte da un nuovo fornice (verso stradone Maffei) e da una breccia (lungadige Capuleti).
Queste mura quindi, rappresentano uno straordinario reperto storico dell’architettura militare veronese, testimonianza del passaggio di vari dominatori nella nostra città: da Ezzelino III da Romano, che ne ha ordinato la messa in opera ancora visibile nella tramatura in tufo e laterizio con ciottoli di fiume, dagli -scaligeri ai visconti, autori della fortificata cittadella fino alla Repubblica di Venezia che già nel corso del XVI secolo, probabilmente dal 1421, ne ha alterato le fattezze creando un edificio militare.
Autore: Istituto Einaudi.
3 – Rifugio comunale
Indirizzo: Via Adigetto 7
Descrizione storica: Durante la seconda guerra mondiale venivano scelte alcune abitazioni o palazzi che possedevano delle cantine adatte a ospitare una quantità elevata di persone. Una volta suonati gli allarmi antiaereo, segnale per comunicare al popolo di scappare e rifugiarsi, questi si dirigevano verso i palazzi che all’entrata erano “marchiati” da una scritta rossa “RC” ad indicare “rifugio casa” o “rifugio comunale”. si tratta di lettere destinate a favorire l’individuazione dei rifugi da parte del popolo durante i bombardamenti facilitando quindi anche l’intervento di soccorso.
Con il passare del tempo queste insegne sono state trascurate. Molte vennero perse, ma fortunatamente alcune si trovano ancora oggi nel luogo di origine fornendoci testimonianze storiche di grande rilievo: uno degli esempi è il palazzo situato in via Adigetto 7, che custodisce una delle scritte meglio conservate.
Un altro esempio di rifugio comunale è quello nato nell’attuale via Tombetta a Borgo Roma. Oggi il sito è occupato dalla scuola primaria “De Amicis” da poco restaurata, ma che ha mantenuto questa insegna storica di grande importanza.
Descrizione architettonica: I rifugi consistono in semplici case o palazzi che nell’area sottostante possiedono una cantina, in quanto luoghi protetti situati sotto terra. Mentre la scritta è rossa su fondo bianco si trova sulla facciata, all’ingresso dello stabile.
Spesso durante la II Guerra Mondiale venivano organizzati degli interventi per rinforzare le strutture. Venivano aggiunti delle assi in legno per garantire una migliore resistenza del soffitto. Alle volte venivano costruiti muri antiscoppio, ovvero muri alternati che non permettevano all’espansione del colpo di diffondersi all’interno dello spazio.
Negli anni ‘30 nascono in Europa tanti edifici industriali, che a causa del diffuso sentimento di paura di eventuali bombardamenti aerei, possiedono nell’area sottostante rifugi interni.
Questi rifugi però non sempre garantivano protezione, perché in realtà spesso non erano progettati in maniera adeguata contro i bombardamenti. I motivi variano dalla struttura e dai materiali utilizzati nonché dalla stessa posizione. Come nel caso della fabbrica ICO di Santa Lucia, attraversata dalla ferrovia. La fabbrica produceva prodotti farmaceutici e ospitava lavoratrici donne e a causa della sua strategica posizione veniva spesso bombardata. Il 28 gennaio 1944 a seguito dell’ennesimo bombardamento 18 giovani operaie persero la vita. Ad oggi è presente una targa commemorativa nel cimitero, a poche centinaia di metri dal sito della ex fabbrica. E’ importante oggi conservare e tutelare questi reperti, ricchi di impronte indelebili su una parte più terrificante e dolosa della nostra storia.
Autore: Istituto Einaudi.
4 – Mura Scaligere
Indirizzo: Lungadige Capuleti
Anno costruzione: Sec. XIV. Epoca scaligera (Mastino II)
Descrizione storica: Con l’avvento della signoria Scaligera tutto il sistema difensivo della città venne rimodernato in quanto con il tracciato murario comunale Verona rimaneva esposta ad est, ad ovest e sia lungo ampie zone del fiume. Le opere iniziarono probabilmente intorno al 1287 con Alberto della Scala (1245-1301) andando ad inglobare l’area corrispondente all’attuale Veronetta. Mura completate da Antonio della Scala (1363- 1388) con la torretta ancora oggi ben visibile prima del ponte Aleardi. Le strutture difensive di destra Adige, iniziate nel 1321 ed ultimate nel 1325 sotto Cangrande (1291-1329) ad opera del maestro Calzaro. Con un successivo ampliamento della cinta, voluto da Mastino II (1308-1351) venne costruita la cortina difensiva lungo l’Adige collegando la torre della Paglia con quella di Sant’Antonio.
Con la fine della signoria scaligera nel 1388, iniziò per Verona il dominio visconteo.
Ecco dunque che Gian Galeazzo fece realizzare una cittadella fortificata a ridosso della città dove le proprie truppe potessero tenersi a distanza dalla popolazione veronese a lui ostile e chiudersi a difesa in caso di sommossa. Non si sa precisamente quali architetti abbiano contribuito al progetto del Visconti, anche se sembra che tra questi ci fu Giovanni da Ferrara. Egli, dunque, non modificò la cinta muraria già esistente, ma la rafforzò, costruendovi una vera e propria “Cittadella” nella parte sud-orientale a destra dell’Adige. A sinistra Adige, ripropose completamente il Castello di Teodorico sul colle di S. Pietro e dando inizio ai lavori di costruzione del Castello S. Felice al vertice settentrionale della muraglia di Cangrande.
Egli inoltre non solo chiuse la città in una rigida morsa, ma si assicurò anche la possibilità di accorrere a Verona dalla Lombardia con il ponte di Valeggio posto all’estremità del cosiddetto “Serraglio”. Fu proprio durante il dominio visconteo che la piccola contrada di Santa Croce entrò a far parte della Cittadella esercitando una funzione civile e mercantile, data la presenza delle Fiere, che verrà sostituita con una militare sotto il potere veneziano.
La Cittadella rimase in piedi durante tutto il dominio visconteo e , parzialmente, anche in quello della Repubblica di Venezia, succeduta ai Visconti nel 1403. Questa, infatti, dopo la breve successione carrarese, mantenne per oltre un secolo il quartiere difensivo, risultato efficace soprattutto per la guerra della Lega di Cambrai e per la Lega Santa (1508-1517).
Tuttavia, nel corso di vent’anni, la Repubblica di Venezia, ormai convinta totalmente della fedeltà dei Veronesi e ritenuta persa la funzione difensiva del quartiere, decise di smilitarizzare la Cittadella attraverso l’intervento richiesto nel 1535 a Sanmicheli, che, se da un lato progettò un piano della Cittadella mirato a un’espansione della città dato l’abbattimento delle mura lungo Corso Porta Nuova, dall’altro cercò di riempire le casse della Repubblica veneziana grazie alla vendita di terreni. Non a caso, nel 1537, il Doge di Venezia Andrea Gritti scriveva ai rettori veronesi che Giangirolamo Sanmicheli, nipote del famoso architetto, aveva presentato il disegno della Cittadella accompagnato da tutti i terreni venduti, quelli da vendere e i vasti appezzamenti della Chiesa della Trinità. Nel frattempo, la stessa Repubblica di Venezia chiedeva ai Rettori di Verona la consegna dell’intero ricavato delle vendite.
Descrizione architettonica: La Cittadella, costruita intorno al 1389 per alloggiarvi le milizie, approfittò di altri tre lati delle mura che difendevano quella parte di città: la cinta del secondo Comune, che andava dalla Torre Pentagona a quella della Paglia, e quella scaligera che proseguiva dalla torretta della Paglia lungo l’Adige fino al bastione di San Francesco e da qui fino alla Porta Nuova. I due ampi tratti del vecchio muro comunale e del nuovo muro di Cangrande che correvano paralleli, separati da una distanza di circa 600-800 metri, vennero allora collegati da due cortine in muratura che si trovavano lungo l’odierno Corso Porta Nuova e che venivano a creare un quadrato fortificato piuttosto regolare.
Il progetto visconteo dovette tuttavia eseguire diverse riduzioni sul muro comunale. Oltre ad aver apportato alcuni restauri, ne demolì, infatti, il cammino di ronda e i merli, che rifece voltandoli contro Verona nel lato lungo l’attuale Pallone. Nonostante l’apertura alla città, la Cittadella, mantenne saldo il suo carattere militare, intrecciandosi con l’ampia presenza di edifici religiosi e di terreni agricoli.
Sul finire dell’Ottocento, l’area non era ancora considerata importante quanto il centro storico interno alle mura comunali, tanto che venne esclusa dall’intervento di costruzione dei muraglioni.
I lavori consistevano sostanzialmente nella canalizzazione dell’Adigetto da Castelvecchio a ponte Aleardi, nella regolarizzazione della larghezza del fiume per tutto il tronco urbano che andava da ponte Garibaldi a ponte Aleardi, nella costruzione dei muraglioni, nella ristrutturazione dell’intero sistema fognario e nella costruzione di un nuovo ponte Aleardi. Il tratto dalla Bra a ponte Aleardi, nonostante il progetto prevedesse addirittura l’eliminazione definitiva del canale dell’Adigetto, salvaguardò, per suggerimento del Ministero, le mura viscontee.
Delle mura della Cittadella Viscontea oggi rimangono, su Lungadige Capuleti, resti scaligeri interrati rinvenuti nel 2009 durante i lavori di realizzazione di un parcheggio sotterraneo, dove tuttora sono visibili porzioni dello scavo adattate in alcuni punti con sistemazioni asburgiche del XIX secolo. Oggigiorno, inoltre, è visibile in superficie lungo il lungadige una traccia sulla pavimentazione che richiama la cinta muraria oggi perduta.
Autore: Istituto Maffei.
5 – Caserma Cappuccini
Indirizzo: Via del Pontiere, via Franceschine
Anno costruzione: 1838-1840 (su preesistenze dalla prima metà del XII sec.)
Progettista: Impero Asburgico
Descrizione storica: La chiesa era già presente nel 1122 ed era intitolata alla Santa Croce e alla Santa Carità. Il suo rinnovamento viene documentato già nel 1141. Apparteneva ai frati Ospitalieri Laici detti Conversi, i quali avevano cura dei malati ricoverati nell’ospedale annesso. Nel 1225 l’ospedale venne trasferito ed unificato con quello di San Giacomo alla Tomba (presente dal IX secolo). La chiesa di Santa Croce venne affidata alle mani dei frati di San Marco di Mantova, che vivevano seguendo la Regola di Sant’ Agostino; la loro presenza è documentata nel 1289. In un chiostro separato si trovavano le monache Agostiniane, tuttavia le monache nel 1332 cambiarono il loro ordine in Benedettine e i frati vennero fatti traslocare. In seguito alla costruzione della cittadella, voluta da Gian Galeazzo Visconti, il monastero si trovò compreso in questo vasto spazio urbano, destinato all’uso militare. Nel 1571 il monastero viene ceduto ai frati Cappuccini di San Francesco. Nel 1618 ha luogo il restauro della chiesa. Nel 1628 segue un secondo restauro a causa dell’esplosione della vicina polveriera situata nella Torre della Paglia. Nel 1805-10 la chiesa e il monastero vengono demanializzati per decreto napoleonico. Negli anni 1838-1840 si insediò, per via della vicinanza con il fiume Adige, la Caserma dei Pontieri, con lo stabilimento dei materiali per la costruzione dei ponti. Ai pontieri era affidata la costruzione dei ponti di barche in tempo di guerra, mentre in tempo di pace eseguivano trasporti fluviali per conto dello Stato. Lo stabilimento, inoltre, amministrava i materiali per la costruzione dei ponti. Nel Regno d’Italia la Caserma dei Pontieri ulteriormente ampliata negli anni e venne mantenuta in uso fino alla Seconda Guerra Mondiale, con il nome di caserma Piave. Il convento, insieme alla chiesa, venne parzialmente distrutto a seguito dei bombardamenti aerei del 1944-45. Dopo la Seconda Guerra Mondiale la caserma venne demolita per lasciare posto a nuove strutture principalmente ad uso pubblico.
Descrizione architettonica: Nell‘assetto ottocentesco, il complesso era costituito dalla caserma per il Terzo Battaglione dei Pionieri, e dallo stabilimento volto al deposito e alla manutenzione dei materiali da ponte. Si articolava su più corpi di fabbrica, che rispecchiavano l’originario impianto conventuale: essi erano disposti attorno a due corti chiuse, e ad una corte aperta, rivolta verso la riva dell’Adige, ancora munita della cortina muraria scaligera. La chiesa a navata unica, con cappelle aggiunte su un fianco, si identifica nel corpo di fabbrica settentrionale della corte aperta. All’ingresso si trovava La Deposizione, in affresco, di Paolo Farinati. L’edificio era in stile romanico, ma la sua facciata era stata rovinata dall‘apertura di porte e finestre, come ricorda Simeoni nella sua Guida di Verona. Facevano parte dello stabilimento dei Pontieri due lunghe tettoie addossate alle opposte facciate della cinta scaligera che dava sull’ Adige; esse servivano al rimessaggio dei pontoni, e perciò erano a diretto contatto col fiume: dal passaggio aperto presso una torre scaligera si accedeva allo scalo di manovra. Il tutto era difeso da una caponiera casamattata per fucilieri, che sporgeva all’esterno della cinta scaligera, che batteva a tiro radente la riva fluviale.
VOCABOLI:
Paolo Farinati (1524-1606): pittore italiano di stile manierista, amico e contemporaneo del pittore Paolo Veronese. La sua famiglia potrebbe aver avuto antenati fiorentini, per questo si ipotizza che tra i suoi antenati ci fosse il ghibellino Farinata degli Uberti, del quale Dante Alighieri fa un ritratto molto crudo nel canto X dell’Inferno.
Caponiera casamattata è il locale di una fortificazione a prova di bomba munito di una o più cannoniere.
Autore: Istituto Maffei.
6 – Caserma Mastino II, caserma di cavalleria (Tribunale)
Indirizzo: via del Fante
Anno costruzione: 1847-1854
Progettista: Impero Asburgico
Descrizione storica: L’edificio comprendeva due caserme: una, riservata alla Brigata di fanteria , successivamente denominata “Camuzzoni”, oggi l’ex carcere e l’altra, dedicata all’unità di cavalleria ora sede del tribunale di Verona.
La caserma fu soprannominata “Campone“ proprio perché, dopo che Verona cadde sotto il dominio degli austriaci, fu mandato un ordine da Vienna, capitale austriaca, affinché la città fosse convertita in una piazzaforte a campo trincerato. Dopo l’annessione del 1866, le autorità militari italiane lasciarono in disuso le strutture militari austriache ed optarono per uno smantellamento; ma il generale Giuseppe Salvatore Pianell si oppose e contribuì affinchè la piazzaforte veronese non andasse in rovina. In questo modo il “Campone“ il 13 dicembre 1898 risultava annesso ed occupato a titolo di locazione per usi e servizi governativi dell’Amministrazione dipendente dal Regio Ministero della Guerra per il servizio militare e la difesa dello Stato.
Durante gli ultimi anni della dominazione austriaca, con l’uso del sistema di comunicazione telegrafica, venne qui installata una centrale operativa di collegamento tra le varie città dell’Impero e le vicine piazzeforti Venete. Codificato nel tempo l’utilizzo di carattere militare, la Caserma “Mastino II” svolse tale funzione fino agli anni ’70 del Novecento.
Il 30 giugno 1983 il Ministero della Difesa lo cedette al comune di Verona.
CHI ERA MASTINO II
Dopo la morte di Cangrande della Scala, il 22 luglio del 1329, non avendo questi figli, ereditarono il potere della città di Verona i figli del fratello Alboino, Alberto II e Mastino II. Alberto, il più incline tra i due ai piaceri della vita di corte, delegò il potere al fratello Mastino. Mastino continuò la politica espansionistica dello zio Cangrande, espandendosi verso Emilia, Toscana e Lombardia. Tuttavia Mastino II si dimostrò molto audace ma poco abile nell’arte della guerra e fu proprio con la sua insistente politica devota alla campagna espansionistica in favore della guerra e della conquista dei territori, che segnò l’inesorabile decadenza della famiglia degli Scaligeri provocando difficoltà economiche dovute al prolungarsi del periodo di guerra.
Descrizione architettonica: Una serie di aperture rettangolari si alternano a trifore riquadrate da profili in tufo e con balcone sagomato. Durante la Seconda Guerra Mondiale (1940-45), la struttura subì notevoli danni a causa dei bombardamenti aerei, vi fu il crollo di parte dell’ala su via dello Zappatore e del tetto in altri punti. Al piano terra, dov’era la scuderia, tre atrii carrabili fungono da collegamento con il piazzale interno e, adiacenti, sono situati i percorsi verticali d’accesso ai piani superiori. Al primo e secondo piano, ove alloggiavano truppa e ufficiali, si sviluppa, sul lato interno, un percorso di distribuzione alle varie stanze (tipologia ripresa anche nella Caserma-Forte Castel San Pietro). In aggetto rispetto alla linea dell’edificio sono situati due gruppi di impianti igienici. Gli alzati si articolano su tre piani; la facciata verso la Via del Lanciere presenta qualche accenno neoclassico. Una serie di aperture rettangolari si alternano a trifore riquadrate da semplici profili in calcare tenero locale (“tufo”) e sono dotate di bancale sagomato. Una modanatura rafforza il primo piano ed i fori sono sormontati da timpani solo nella parte centrale. I due ampi cortili interni, inizialmente liberi, furono occupati successivamente da capannoni adibiti a vari usi, mentre esternamente sul lato verso i bastioni fu aggiunto un basso fabbricato con funzione di scuderia. Il complesso, nel suo insieme, poteva ospitare circa 4.000 soldati senza contare i quadrupedi ed i numerosi carriaggi. Era dotato di impianti tecnologici ed igienici decisamente all’avanguardia per il periodo.
VOCABOLI :
Cariaggio è un grosso carro per trasporto di vettovaglie, attrezzi, bagagli militari, o anche per trasportare mercanzie tra luoghi.
Autore: Istituto Maffei.
7 – Bastione SS. Trinità
Indirizzo: Circonvallazione Raggio del Sole
Anno costruzione: Tre fasi storiche: (a) 1321-1325 (b) 1530-1531 (c) 1836
Progettista: (a) Cangrande I della Scala; Maestro Calzaro (b) Repubblica di Venezia; Michele Sanmicheli (c) Impero asburgico; Radetzky, Franz von Scholl
Descrizione storica: I Bastioni della SS.Trinità si inseriscono nella cinta difensiva di Verona e quindi nell’evoluzione storica dell’architettura militare della città. Nel 1325 Cangrande della Scala estende le mura a difesa dei borghi esterni “fino alla torretta di Santissima Trinità”. Nel 1530 Michele Sanmicheli, incaricato dalla Repubblica di Venezia, costruisce ex novo la cinta bastionata: la sua opera inizia con il cantiere del Bastione della SS. Trinità nel 1531 proseguendo con quello dei Riformati fino ad arrivare al mezzo bastione di S. Francesco. In breve tempo (1530-1552) le novità da lui importate, doppi fianchi, muri di scarpa e le ampie gallerie ricavate nella massa muraria, sostituiscono le cortine merlate e le torri scaligere. Tra il 1801-1802 i bastioni cinquecenteschi vengono però parzialmente demoliti dalle truppe napoleoniche. Alla demolizione segue la ricostruzione austriaca tra il 1833-1836 voluta da Radetzky su progetto di Franz von Scholl, ingegnere tedesco addetto alle fortificazioni. Dal 1929 il Bastione è sede della “Scuola differenziale per anormali psichici recuperabili Raggio di Sole”. In Un opuscolo della G.I.L ( Gioventù italiana del Littorio) che illustra scopi e strutture della scuola si legge:” A causa dello stato di guerra nel quale si trova la Nazione, in una “casa matta” del bastione sul quale sorge la scuola è stato approntato un rifugio antiaereo che offre ogni garanzia di sicurezza”. Si tratta probabilmente di una poterna o della saponiera, già usate come conigliera o pollaio. Nel 1943 l’attività dei tecnici comunali incaricati di approntare i rifugi si intensifica con la sistemazione delle poterne a ricovero antiaereo contrassegnate con i numeri 18 (lato porta Nuova, fronte via Minatore) e 19. In seguito subentrano i lavori della Wehrmacht (nome che designava le Forze Armate tedesche nella II° Guerra mondiale) che utilizzerà i locali per una centrale telefonica. Quindi già colonia elioterapica prima della guerra viene sconvolto dai bombardamenti durante il conflitto. Nella sistemazione postbellica non si ritenne di seguire criteri di restauro ma durante recenti lavori di sistemazione del parco sono stati ritrovati i resti della polveriera, per l’uso giornaliero e interrata al centro del bastione. Bisogna infine ricordare che la scelta di conservare fino all’Ottocento parti delle opere medievali era stata dettata da ragioni economiche (ad esempio la cortina verso il Bastione San Francesco è un muro scaligero abbassato e rafforzato da un terraglio).
Descrizione architettonica: Si tratta di un bastione pentagonale formato da terrapieno con scarpate a pendenza naturale, cinto da muro di rivestimento distaccato alla Carnot, con orecchioni e porte a sortita, caponiera centrale a due piani, poterne di comunicazione ai due lati e una polveriera per l’uso giornaliero sul fronte di gola. Il muro distaccato e le altre opere murarie sono rivestite di conci di tufo veronese a opus poligonale. Le cortine annesse, cinquecentesche, sono formate da terrapieno e da muro di rivestimento aderente, con paramento laterizio; il suo profilo è a scarpa, ossia in pendenza sino all’altezza della cordonatura di pietra (toro). Il muro di coronamento superiore verticale sostiene il parapetto di terra, con scarpata a pendenza naturale. Il muro aderente è attraversato da una galleria di contromina, provvista di spiragli per la luce e per l’aria. Davanti alla sortita dell’orecchione sinistro si nota il fosso diamante, stretto e profondo, scavato nel fossato principale a difesa delle parti più vulnerabili della fortificazione come le feritoie e le sortite. Originariamente scavalcato da un ponte levatoio, oggi sostituito da uno in muratura. Per quanto riguarda lo stato di conservazione si tratta del più manomesso degli otto bastioni del tratto in piano della cinta magistrale. Notevoli sono le trasformazioni avvenute durante la Seconda Guerra Mondiale. Le due poterne sono state completamente incorporate assieme al cammino di ronda, in imponenti bunker di calcestruzzo. L’interno dei bunker è suddiviso in stanze con muri di cemento, nella pavimentazione si vedono i canali di scolo mentre in alto alcune prese d’aria; nel tratto interno alla poterna la pavimentazione è invece sostituita da gradoni. Attualmente, la poterna destra è però inutilizzata ed inaccessibile. Il vallo è occupato esclusivamente da impianti sportivi, prevalentemente associazioni calcistiche, mentre la parte superiore è stata trasformata nel giardino “Raggio di Sole”, parco giochi storico di Verona, con recinti, vialetti, vasche ed edifici che hanno alterato la piazza e le cortine. Le trasformazioni più evidenti sono infatti la costruzione di fabbricati di servizio al parco pubblico, sul terrapieno; la demolizione di un tratto del muro distaccato (sempre a seguito di un bombardamento durante la II° Guerra Mondiale), sulla faccia destra e la sua ricostruzione con getto di calcestruzzo, estesi interramenti del fosso magistrale, l’apertura di una breccia nella cortina tra il Bastione della Santissima Trinità e quello di San Francesco. Sebbene dunque la parte esterna del bastione sia difficilmente riconoscibile a causa delle notevoli trasformazioni, la vegetazione è curata e solo in pochi punti quindi la muratura è aggredita da erbacce e rampicanti. Davanti alla sortita dell’orecchione sinistro si nota il fosso diamante, stretto e profondo, scavato nel fossato principale a difesa delle parti più vulnerabili della fortificazione come le feritoie e le sortite. Originariamente scavalcato da un ponte levatoio, oggi sostituito da uno in muratura.
VOCABOLI:
Poterna: passaggi muniti che servivano per il trasferimento ed eventuali sortite delle truppe;
Orecchioni: raccordi arrotondati che uniscono tra loro le parti rettilinee della fortificazione;
Saponiera: postazioni a casamatta in muratura che sporgevano dal muro di scarpa.
Autore: Istituto Maffei.
8 – Rifugio antiaereo
Indirizzo: Circonvallazione Raggio del Sole
Anno costruzione: Tre fasi storiche: (a) 1321-1325 (b) 1530-1531 (c) 1836
Progettista: (a) Cangrande I della Scala; Maestro Calzaro (b) Repubblica di Venezia; Michele Sanmicheli (c) Impero asburgico; Radetzky, Franz von Scholl
Proprietario: Demanio dello Stato, in via di cessione al Comune di Verona
Descrizione storica: I Bastioni della SS.Trinità si inseriscono nella cinta difensiva di Verona e quindi nell’evoluzione storica dell’architettura militare della città. Nel 1325 Cangrande della Scala estende le mura a difesa dei borghi esterni “fino alla torretta di Santissima Trinità”. Nel 1530 Michele Sanmicheli, incaricato dalla Repubblica di Venezia, costruisce ex novo la cinta bastionata: la sua opera inizia con il cantiere del Bastione della SS. Trinità nel 1531 proseguendo con quello dei Riformati fino ad arrivare al mezzo bastione di S. Francesco. In breve tempo (1530-1552) le novità da lui importate, doppi fianchi, muri di scarpa e le ampie gallerie ricavate nella massa muraria, sostituiscono le cortine merlate e le torri scaligere. Tra il 1801-1802 i bastioni cinquecenteschi vengono però parzialmente demoliti dalle truppe napoleoniche. Alla demolizione segue la ricostruzione austriaca tra il 1833-1836 voluta da Radetzky su progetto di Franz von Scholl, ingegnere tedesco addetto alle fortificazioni. Dal 1929 il Bastione è sede della “Scuola differenziale per anormali psichici recuperabili Raggio di Sole”. In Un opuscolo della G.I.L ( Gioventù italiana del Littorio) che illustra scopi e strutture della scuola si legge:” A causa dello stato di guerra nel quale si trova la Nazione, in una “casa matta” del bastione sul quale sorge la scuola è stato approntato un rifugio antiaereo che offre ogni garanzia di sicurezza”. Si tratta probabilmente di una poterna o della saponiera, già usate come conigliera o pollaio. Nel 1943 l’attività dei tecnici comunali incaricati di approntare i rifugi si intensifica con la sistemazione delle poterne a ricovero antiaereo contrassegnate con i numeri 18 (lato porta Nuova, fronte via Minatore) e 19. In seguito subentrano i lavori della Wehrmacht (nome che designava le Forze Armate tedesche nella II° Guerra mondiale) che utilizzerà i locali per una centrale telefonica. Quindi già colonia elioterapica prima della guerra viene sconvolto dai bombardamenti durante il conflitto. Nella sistemazione postbellica non si ritenne di seguire criteri di restauro ma durante recenti lavori di sistemazione del parco sono stati ritrovati i resti della polveriera, per l’uso giornaliero e interrata al centro del bastione. Bisogna infine ricordare che la scelta di conservare fino all’Ottocento parti delle opere medievali era stata dettata da ragioni economiche (ad esempio la cortina verso il Bastione San Francesco è un muro scaligero abbassato e rafforzato da un terraglio).
Descrizione architettonica: Si tratta di un bastione pentagonale formato da terrapieno con scarpate a pendenza naturale, cinto da muro di rivestimento distaccato alla Carnot, con orecchioni e porte a sortita, caponiera centrale a due piani, poterne di comunicazione ai due lati e una polveriera per l’uso giornaliero sul fronte di gola. Il muro distaccato e le altre opere murarie sono rivestite di conci di tufo veronese a opus poligonale. Le cortine annesse, cinquecentesche, sono formate da terrapieno e da muro di rivestimento aderente, con paramento laterizio; il suo profilo è a scarpa, ossia in pendenza sino all’altezza della cordonatura di pietra (toro). Il muro di coronamento superiore verticale sostiene il parapetto di terra, con scarpata a pendenza naturale. Il muro aderente è attraversato da una galleria di contromina, provvista di spiragli per la luce e per l’aria. Davanti alla sortita dell’orecchione sinistro si nota il fosso diamante, stretto e profondo, scavato nel fossato principale a difesa delle parti più vulnerabili della fortificazione come le feritoie e le sortite. Originariamente scavalcato da un ponte levatoio, oggi sostituito da uno in muratura. Per quanto riguarda lo stato di conservazione si tratta del più manomesso degli otto bastioni del tratto in piano della cinta magistrale. Notevoli sono le trasformazioni avvenute durante la Seconda Guerra Mondiale. Le due poterne sono state completamente incorporate assieme al cammino di ronda, in imponenti bunker di calcestruzzo. L’interno dei bunker è suddiviso in stanze con muri di cemento, nella pavimentazione si vedono i canali di scolo mentre in alto alcune prese d’aria; nel tratto interno alla poterna la pavimentazione è invece sostituita da gradoni. Attualmente, la poterna destra è però inutilizzata ed inaccessibile. Il vallo è occupato esclusivamente da impianti sportivi, prevalentemente associazioni calcistiche, mentre la parte superiore è stata trasformata nel giardino “Raggio di Sole”, parco giochi storico di Verona, con recinti, vialetti, vasche ed edifici che hanno alterato la piazza e le cortine. Le trasformazioni più evidenti sono infatti la costruzione di fabbricati di servizio al parco pubblico, sul terrapieno; la demolizione di un tratto del muro distaccato (sempre a seguito di un bombardamento durante la II° Guerra Mondiale), sulla faccia destra e la sua ricostruzione con getto di calcestruzzo, estesi interramenti del fosso magistrale, l’apertura di una breccia nella cortina tra il Bastione della Santissima Trinità e quello di San Francesco. Sebbene dunque la parte esterna del bastione sia difficilmente riconoscibile a causa delle notevoli trasformazioni, la vegetazione è curata e solo in pochi punti quindi la muratura è aggredita da erbacce e rampicanti. Davanti alla sortita dell’orecchione sinistro si nota il fosso diamante, stretto e profondo, scavato nel fossato principale a difesa delle parti più vulnerabili della fortificazione come le feritoie e le sortite. Originariamente scavalcato da un ponte levatoio, oggi sostituito da uno in muratura.
VOCABOLI:
- Poterna: passaggi muniti che servivano per il trasferimento ed eventuali sortite delle truppe;
- Orecchioni: raccordi arrotondati che uniscono tra loro le parti rettilinee della fortificazione;
- Saponiera: postazioni a casamatta in muratura che sporgevano dal muro di scarpa.
Autore: Istituto Maffei.
9 – Caserma Rossani
Indirizzo: Via del Minatore, Via SS. Trinità
Anno costruzione: Seconda metà sec. XIX (corpo via del Minatore); Inizio del Novecento (corpo su via SS. Trinità)
Progettista: Ing. Arminio Righetti (corpo su via SS. Trinità)
Descrizione storica: La Caserma Rossani, così chiamata in onore di Mario Rossani, militare italiano decorato con la medaglia d’oro al valore della Memoria durante il corso della I° Guerra Mondiale, sebbene oggi si inserisca perfettamente nel contesto militare, in quella “zona di caserme” che contraddistingue la Cittadella non ha sempre avuto tale funzione.
La sua origine risale al 1808, quando un decreto napoleonico istituì la Casa di ricovero contro l’accattonaggio (ricovero di mendicità). Lo stesso decreto prevedeva anche la riduzione di tutti gli istituti Pii a soltanto quattro: Orfanotrofio maschile, Orfanotrofio femminile, Casa degli Esposti (che doveva accogliere i fanciulli abbandonati, figli d’ignoti) e Casa del Ritiro (quest’ultima era destinata a donne cadute in qualche disavventura, o per abbandono del marito, o in pendenza di separazione). Nel gennaio del 1812 vennero aperte le case di Ricovero e dell’industria presso l’ex monastero di santa Caterina della Ruota, di via Marconi. Quest’ultima fu successivamente trasferita in altra sede (1828) e la sua Amministrazione venne del tutto distinta da quella della Casa di Ricovero del 1830.
All’indomani dell’annessione di Verona all’Italia, venne costruita la prima parte del nuovo edificio per la Casa d’Industria per i poveri disoccupati.
Con la chiusura della Casa di Industria nel 1881 si insediò la società Leboeuf e Scarsi per la fabbricazione di fiammiferi con la clausola che vi impiegasse almeno 300 operai veronesi. Si doveva lavorare fino a 11 ore al giorno ma i ragazzi fino ai 12 anni “solo” 9 ore. Fino al 1888 il numero di lavoratori previsto fu rispettato, ma poi l’industria andò peggiorando fino a chiudere definitivamente nel 1899.
Il Comune allora vi realizzò l’Asilo inabili al lavoro, prevedendo anche, agli inizi del Novecento, l’ampliamento del complesso edilizio con la costruzione del corpo prospettante via SS. Trinità su progetto dell’ingegnere municipale Arminio Righetti.
Nel 1932 il grande edificio venne acquistato dallo Stato Italiano per farvi la sede del 2° regimento Minatori, da qui il nome della via.
Per quanto riguarda la storia più recente nel 2015 è stato siglato un accordo tra lo Stato e il Comune di Verona mirato alla riqualificazione urbanistica e alla trasformazione delle infrastrutture militari della città secondo il quale parte della Caserma Rossani sarebbe diventata la nuova sede dei Vigili Urbani di Verona.
Descrizione architettonica: Nel corso della sua storia Verona come vera e propria città-fortezza ha svolto un ruolo centrale nello scenario politico-militare europeo. Ad esempio si pensi come, all’indomani delle 5 giornate di Milano quando la città diventa capitale delle province italiane dell’Impero Asburgico, Verona si trasformi nella piazzaforte principale per un’armata di 120.000 uomini. Naturalmente oggi in un diverso contesto storico-culturale la nuova riorganizzazione urbanistica sembra celare l’antico apparato tecnico difensivo, rispondendo ad altre e diverse esigenze. Tuttavia l’antica funzione militare rimane e si manifesta nella sua struttura architettonica. Esempio lampante di questo, oltre le cinte murarie ben visibili, è sicuramente costituito dalla notevole concentrazione di caserme nella zona di Cittadella. Fra queste spicca per grandezza ma anche per la posizione leggermente sopraelevata la Caserma Rossani.
L’edificio presenta una struttura ad L, la facciata in lunghezza rivolta verso la parte posteriore dell‘educandato statale agli Angeli si trova in Via del Minatore, mentre la facciata sviluppata in larghezza adiacente alla Chiesa della SS. Trinità è posta nell’omonima via. La costruzione esibisce un tipico aspetto militare estremamente omogeneo e lineare, proprio di una caserma e su entrambe le facciate risaltano una serie di aperture (finestre recanti inferriate) rivolte verso la strada. Da una visuale aerea si può notare come l’edificio sia dotato di un ampio cortile interno adibito prevalentemente a parcheggio. Le facciate risultano quindi sì essere uniformi ma con qualche parziale differenza tra il lato maggiore e quello minore, determinate proprio dai diversi periodi di costruzione: l’ingresso principale del primo, sua via del Minatore, è infatti sormontato da un portale ottocentesco con rivestimento a bugnato; il secondo invece, costruito agli inizi del Novecento, presenta l’entrata che dà sulla via della SS. Trinità sempre sormontata da un’arcata ma in questo caso il bugnato non viene più realizzato con la pietra bensì con l’intonaco. Per quanto concerne infine il mantenimento dell’apparato murario e la sua conservazione nel tempo gli unici segni visibili nel complesso sono solamente la presenza di qualche corrosione e crepa a livello dell’intonaco.
Autore: Istituto Maffei.
10 – Bunker degli Angeli
Indirizzo: Via Cesare Battisti, 8
Anno costruzione: 1944
Descrizione storica: Durante la Seconda Guerra Mondiale le organizzazioni italiane e tedesche hanno spesso trovato in Verona una sede ideale per i centri di comando. Data la sua posizione strategica, Verona, è sempre stata considerata un punto nevralgico di passaggio attraversato da antiche strade consolari di collegamento con l’area padana ed il nord. L’aspetto militare della città, strutturato nel corso dei secoli si consolida con nuove strutture difensive all’avanguardia a partire in particolare dall’800 e in particolare e nel ‘900 secolo vessato dalle due guerre mondiali, molti edifici già presenti ‘, furono adattati e rinforzati per un utilizzo militare. Fu così che l’Educandato Statale agli Angeli, vista la sua posizione nell’immediata area della stazione ferroviaria di Porta Nuova, divenne un centro di smistamento delle truppe e sede del WVD, Wehrmacht Verkehrsdirektion, per il comando dei trasporti delle truppe tedesche.
Nella primavera del 1944 l’avvicinarsi del fronte dei combattimenti ha indotto il comando tedesco ad ordinare la costruzione di un “ricovero antibomba” ad un’impresa di Caprino Veronese.
Questo grande rifugio antiaereo e anti bomba fu realizzato in cemento
armato ed è tuttora presente pressoché intatto all’interno del cortile
dell’Istituto. Forse è stato anche luogo di fucilazioni perché sono state
rilevate tracce di spari.
Descrizione architettonica: Il bunker è localizzato all’interno del parco dell’Educandato “Agli Angeli”. Prestando attenzione all’ambiente circostante, è possibile scorgere la struttura esterna caratterizzata da un impianto alquanto rettangolare, in cemento armato. Superato il piccolo ingresso, si accede agli ambienti ipogei. Dai documenti di archivio, (Mauro Quattrina, Ferrovia dello stato) si apprende che l’intero impianto strutturale del rifugio è costituito da una decina di ambienti a pianta rettangolare e forniti di accesso.
Oggi si conservano solo alcune parti del bunker, alcuni ambienti da cui si apprezzano anche gli alzati, rinforzati con strutture voltate.
Per una visita è necessario contattare l’istituto presso cui si conserva questo rifugio.
Autore: Istituto Einaudi.